Essere vigilanti. Solo così può avvenire l’incontro con il Signore

Essere vigilanti. Solo così, infatti, può avvenire l’incontro con il Signore che viene, che si rivela. Vivere da persone attente significa rendersi conto che qualcosa è accaduto e prenderlo in considerazione. Come lo furono i Magi che diedero importanza a ciò che videro nel cielo, una stella diversa, la riconoscono come la stella del Messia.  


Essere attenti significa riconoscere che ciò che accade è un segno, porta in sé una parola, dice qualcosa. Significa riconoscere che quel segno è per te e mettersi in ascolto. Magari non si capisce tutto, e il segno parla con linguaggi che non sempre sono i nostri. Essere attenti, poi, significa obbedire e mettersi in cammino. Quando si è ascoltato, allora bisogna lasciare spazio dentro di sé a ciò che la parola semina in noi e, di solito, la parola semina in noi un desiderio, un unico grande desiderio, che è quello di cercare il Signore. 

Siamo venuti ad adorarlo” dicono i Magi. È drammatico che proprio le persone religiose, che proprio i sapienti, non partano alla ricerca del compimento, che si fermino prima, che rimangano bloccati da ciò che sanno, come se la loro conoscenza da sola bastasse… Un altro elemento da notare è che l’annuncio viene da fuori: è Gerusalemme il luogo delle promesse, ma l’annuncio che le promesse si sono compiute non accade lì e viene da fuori, da persone straniere e lontane”. L’attenzione, poi, chiede “umiltà. I magi arrivati a Gerusalemme, fanno una cosa che gli scribi e i capi non sanno fare, ovvero semplicemente chiedono. Sono attenti, sono sapienti, e perciò sono umili, per cui sanno che tutta la loro conoscenza da sola non basta, che c’è qualcosa oltre, che non è ancora dato loro. Per questo vanno ad attingere ad un’altra fonte, ad un altro linguaggio che finora era loro sconosciuto, quello della Parola, delle promesse, della rivelazione. 

Fare attenzione significa saper lasciare qualcosa: i magi lasciano la loro terra e, da lontano, si mettono in cammino. Anche magi, i lontani, hanno qualcosa di molto prezioso, che portano con sé, ma che non tengono per sé: arrivati al luogo dove si trovava il bambino, lo offrono a colui che hanno trovato. Lo fanno perché hanno provato una grandissima gioia, ovvero una gioia che non ha prezzo. Lo fanno per gratitudine, perché è tanto ciò che hanno ricevuto quando hanno trovato quel Messia che li ha attratti e li ha guidati.

(Pierbattista Pizzaballa)

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