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In ascolto dei segni dei tempi: 60 anni dopo la “Pacem in terris” e nel 60 anniversario della morte di papa Giovanni XXIII, il 3 giugno 1963

Proprio in questi giorni che segnano il rischio di nuove e più inquietanti escalation del conflitto russo ucraino il calendario ha posto il sessantesimo anniversario della promulgazione della Pacem in terris, l’ultima enciclica di Giovanni XXIII, che vide la propria luce l’11 aprile 1963, pochi mesi prima della scomparsa di Papa Roncalli.

 

Pubblicata in un crinale drammatico della storia del ‘900, all’acme della guerra fredda, la Pacem in terris ha come antefatto storico la crisi dei missili di Cuba, che dal 16 al 28 ottobre 1962 tenne l’umanità sull’orlo del conflitto nucleare tra le due super potenze statunitense e sovietica, tanto che, come ebbe a dire Arthur Schlesinger, storico e collaboratore del presidente J.F. Kennedy, “non fu solo il momento più pericoloso della guerra fredda. Fu il momento più pericoloso della storia dell’umanità”. 

Già in quel frangente Giovanni XXIII agì con originalità – per inciso, da pochi giorni era iniziato il Concilio Vaticano II, l’11 ottobre, con l’allocuzione Gaudet Mater Ecclesia e la sera con lo straordinario “discorso della luna” di fronte ai fedeli in piazza san Pietro – indirizzando in due telegrammi lo stesso testo, al “signor Nikita Cruscev” e al “signor John Fitzgerald Kennedy”.

Come ha spiegato benissimo lo storico Alberto Melloni, in questo testo il Pontefice sceglie esplicitamente di lasciarsi alle spalle molta parte dell’elaborazione che la stessa Chiesa Cattolica aveva compiuto sull’ammissibilità o meno della guerra, e di non prendere parte tra i due contendenti, ma di prendere una terza parte, quella del “grido delle famiglie che chiede: pace, pace!”.
Non può stupire, pertanto, che pochi mesi dopo la crisi dei missili cubani e la sua risoluzione il pontefice decidesse di affidare a una lettera enciclica la riflessione propria e della Chiesa Cattolica sulla pace “fra tutte le genti, fondata nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà”. Ed è probabile che fin da subito si fosse avvertito il valore straordinario di questo testo.

Prima di tutto perché lo stesso uomo Angelo Roncalli aveva verisimilmente contezza della gravità delle proprie condizioni di salute – morirà dopo poco meno di due mesi, il 3 giugno 1963 – e quindi del fatto che la Pacem in terris avrebbe costituito l’ultimo suo testo magistrale, quello in qualche modo destinato a raccoglierne l’eredità spirituale e di insegnamento. Poi perché, per la prima volta nella storia della Chiesa, una lettera enciclica non è rivolta solamente ad intra, al clero e ai fedeli, ma altresì all’umanità o, meglio, a “tutti gli uomini di buona volontà”.

L'articolo di Gabriele Scaramuzza continua a questo link:

https://www.esodoassociazione.it/site/index.php/i-nostri-temi/restiamo-umani/567-in-ascolto-dei-segni-dei-tempi-60-anni-dopo-la-pacem-in-terris?idU=1

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