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XII Domenica PA - Mt 10, 26 – 33

Cosa rende riconoscibile il discepolo? 

Avere un amore come quello di Gesù capace di farsi dono e servizio ...



Gesù, dopo il Discorse della Montagna, invita i discepoli a diffonderlo insegnando loro come devono fare e a cosa devono fare attenzione. Non sono avvertenze solo per i primi discepoli, ma per tutti, anche per noi oggi che siamo chiamati a proseguire la sua opera di annunciare che il Regno di Dio è già presente. Ci è chiesto di farlo scacciando i demoni e curando tutte le malattie, cioè la forza del mondo vecchio che pone al centro della propria vita il proprio ego che impedisce di “commuoverci” e metterci al fianco di chi soffre. L’invito è quello di sconfiggere gli orgogli personali, le invidie, le gelosie, la voglia di accumulare beni senza limiti, il voler imporre la propria volontà e le proprie esigenze anche di essere amati fino ad usare il corpo dell’altro. Non è un compito facile e il primo compito è quello di testimoniare l’esserci riusciti. Solo così c’è la possibilità che l’invito a rinunciare di mettere al centro esclusivamente il proprio “io” possa essere accolto dal mondo anche se è più facile trovarsi ad essere derisi, forse anche emarginati come pericolosi sovversivi dell’ordine costituito e del si è sempre fatto così. In certe situazioni è facile cadere alla tentazione del compromesso per non finire tra i perdenti della storia e cercare di continuare a galleggiare nella società. Una mossa sbagliata e il nostro appeal sociale svanisce nel nulla finendo per rimanere soli in mezzo a una massa che vive al contrario del nostro annuncio. 

 

Gesù ne è cosciente e in questo brano dell’Evangelo per tre volte ripete di non lasciarsi prendere dalla paura e di non nascondere nulla perché alla fine tutto apparirà chiaramente e ci dovremo confrontare con la scelta fatta tra le opzioni che avevamo davanti, tra l’effimero e una vita secondo la volontà d’amore di Dio. Perciò “quello che io vi ho detto nelle tenebre voi ditelo nella luce, quello che ascoltate nell’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze”. In altre parole, tutto va annunciato senza tentennamenti, facendolo risplendere senza averne paura perché, nonostante tutte le prove e le difficolta che incontriamo e incontreremo, l’Evangelo si diffonderà e trasformerà il mondo. Ma non ci si deve fermare da annunciarla tra le solite mura delle sinagoghe e oggi delle nostre chiese, ma va fatto in modo che l’annuncio possa espandersi e raggiungersi tutti.

 

Gesù continua e per la seconda volta dice non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo”.

È di nuovo un invito alla coerenza. La Sapienza (2,15) afferma che “la vita del giusto è diversa da quella degli altri e del tutto diverse sono le strade che percorre”, per questo il Signore avverte che, chi vuole essere un suo discepolo, deve mettere in conto che qualcosa può capitargli, perché facilmente i valori che si è chiamati a diffondere possono infastidire

Attenzione dunque a non seguire i criteri del mondo e non quelli del Regno che siamo chiamati a costruire in e con Gesù. Seguire quelli del mondo significa buttare la propria vita nell’immondezzaio della Geenna, gli attuali inceneritori. Certo, la coerenza ai principi evangelici può portare a scelte di vita che a volte possono apparire limitanti o anche penalizzanti per esempio nel lavoro; dobbiamo però avere la certezza che il Padre ci è a fianco in ogni occasione pronto a sostenerci: per lui non valiamo forse molto di più di due passeri? È questa una immagine usata altre volte da Gesù: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? (Mt6,26).

Queste frasi di Gesù potrebbero essere pensate come deresponsabilizzanti o cadere nel pensare che la volontà di Dio coincide con tutto ciò che può accadere; non si dice infatti: “non cade foglia che Dio non voglia”? Ma questa lettura snatura il senso dell’insegnamento di Gesù, teso invece a infondere la massima fiducia in un Padre al quale non sfugge nulla di quanto accade agli elementi più insignificanti della creazione e per questo presterà un’attenzione maggiore all’uomo che vale “più di molti passeri” (Mt 10,31).

 

Il terzo ed ultimo invito a non aver paura riassume i due precedenti e viene motivato dalla fiducia totale in colui che non è indifferente alle situazioni che vivono gli uomini, ma che li conosce come neanche essi si conoscono e mai riusciranno a conoscersi (vedi l’esempio del numero dei capelli). Dunque “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20), per questo si può dire con S. Paolo “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” e ancora “Se Dio è per noi, chi può essere contro di noi?” (Rm 8, 31.35).

 

All’inizio di questo Evangelo Gesù ha invitato i suoi discepoli a essere “luce del mondo” (Mt 5,14). L’adesione a Gesù e al suo messaggio ha come effetto un comportamento nuovo nei confronti degli uomini che non può essere occultato ma diventa visibile perché è l’unico distintivo del credente: avere un amore come quello di Gesù capace di farsi dono e servizio (Gv 13,35). Solo questo rende il credente riconoscibile come discepolo a Gesù e, quindi, al Padre: “riconoscere” Gesù equivale ad essere riconoscibile come suo discepolo. Se invece si sceglie di vivere diversamente, secondo il mondo …

(BiGio)


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