Undici morti in meno di tre giorni, tra israeliani e palestinesi. E aumenta la pressione di chi chiede un’offensiva militare israeliana in Cisgiordania.
"Dopo l'attentato davanti alla colonia di Eli, nei territori occupati, Bibi Netanyahu aveva garantito che “la vendetta” sarebbe stata rapida. Di solito il primo ministro di un paese ritenuto democratico, promette giustizia, non vendetta. E' un segnale della violenza intrinseca al conflitto senza fine tra israeliani e palestinesi. Al caos di Jenin e in altre città palestinesi, Israele continua a dare risposte militari (a volte necessarie), mai politiche. Ancor meno lo si può sperare da questo governo controllato dagli estremisti religiosi. L'Autorità Palestinese che dovrebbe governare le città cisgiordane – gabbie circondate da colonie ebraiche – invece non da' alcuna risposta. Non avrà nulla da dire né qualcosa da fare, anche se la “vendetta” israeliana sarà compiuta."
L’escalation di questi giorni si inserisce nel contesto di un aumento delle tensioni persino precedente alla nascita della coalizione di governo israeliana che comprende forze di estrema destra. È il frutto avvelenato di diversi fattori concomitanti: la frustrazione di aspettative per i giovani palestinesi; il discredito pressoché totale dei rappresentanti palestinesi e anche l’aggressività crescente di un segmento di popolazione israeliana, in primis coloni ed estremisti di destra, che gode della protezione di partiti ormai affermati sulla scena politica. Nel 2022, le forze israeliane hanno ucciso più di 170 palestinesi, tra cui almeno 30 minori, a Gerusalemme est occupata e in Cisgiordania, in quello che è stato descritto come l’anno più mortale per i palestinesi dal 2006. Dall'inizio del 2023, le forze israeliane hanno ucciso almeno 160 palestinesi, tra cui 26 minori. Gli insediamenti di israeliani, illegali secondo il diritto internazionale (e in alcuni casi anche secondo Israele stesso), ospitano tra i 600.000 e i 750.000 coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme est, e frastagliano la regione in modo da ostacolare una continuità territoriale su cui possa, un giorno, sorgere un futuro stato palestinese. Secondo un rapporto pubblicato mercoledì, quasi la metà dei terreni cisgiordani espropriati per scopi pubblici viene utilizzata solo dai coloni ebrei. I dati mostrano una correlazione tra il numero di ordini di esproprio e l’aumento della costruzione di insediamenti.
L'intera analisi dell'ISPI a questo link:
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