Attenzione: il punto centrale di queste giornate torride e stupefatte non è lo scandalo di un golpe.
Uno, due, tre: dopo il Mali e il Burkina Faso è la volta del Niger, il bastione dei fedelissimi della République, di Areva con il suo uranio maledetto, del «caro presidente Bazoum», dei Tuareg custodi della loro emarginazione arcaica e bellicosa. Un altro ammutinamento di militari scuote l'émpire africano della Francia. Attenzione: il punto centrale di queste giornate torride e stupefatte non è lo scandalo di un golpe. I presidenti francesi, dopo le finte indipendenze, ne hanno ordinati e commissionati a decine per tener in ordine il cortiletto della «grandeur». Quel che è sacrosanto negli ariosi boulevard, ovvero la democrazia, non poteva certo innescare scrupoli teologali nei flatulenti vicoli di Niamey. Da Bokassa a Déby qui si è di bocca buona: Parigi procede da sempre a una trasmutazione alchimistica dei valori, il moralmente condannabile è assolto tra le valli riarse e le acacie spinose con la chioma a ombrello del Sahel. Ma fino a ieri i golpisti si mettevano sull'attenti quando telefonavano le consegne dal numero 14 rue Saint Dominique, oggi chiamano loro per ordinare ai francesi di fare i bagagli.
L'intero articolo di Domenico Quirico a questo link:
https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202307/230728quirico.pdf
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