La strada è in salita, difficile da percorrere e deve intervenire il Padre a correggere la falsa visione di Pietro e degli altri due discepoli. È qui che i tre si spaventano, cadono con la faccia a terra davanti a Gesù rimasto solo, non prima durante la "visione" che, invece li aveva affascinati. Ma per noi cosa significa?
Sicuramente tutti si sono trovati in situazioni nelle quali la strada appariva sempre più in impervia per diversi fattori. Condizioni malattie proprie, di parenti, amici o vicini; situazioni complesse di lavoro, di rapporti familiari o di vicinato; eventi sociali o logistici e chi sa quante altre possibili situazioni difficili.
Poi è accaduto qualcosa di inaspettato che ha impattato in quella situazione, spesso senza preavviso; un qualcosa che tocca, colpisce, forse anche ferendo nel profondo. Ha certamente messo pure in discussione, aprendo però nuove possibilità e prospettive al di là di ogni progettualità e volontà personale. Ci si è così trovati in scacco sul piano della razionalità, sorprendentemente scoprendoci invece che passivi, ricettivi verso una realtà inaspettata a volte anche totalmente diversa da quella che si stava vivendo o che ci si aspettava, ma capace di aprire un varco verso il futuro nella spirale nella quale si stava cadendo.
Esperienze che certamente sono state affascinanti ma che all’inizio ci hanno spaventato; attratti e incantanti ma, contemporaneamente, è emerso timore e paura di fronte ad una situazione nuova che apriva sì al futuro, ma inaspettata e forse piena di incognite.
Ecco, questa credo possa essere stata la realtà vissuta da quei tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni su quell’altura dove erano stati condotti da Gesù. In fin dei conti loro si attendevano un certo tipo di Messia, avevano iniziato a seguirlo, ascoltato il suo programma di vita sul quale chiedeva di convergere per far emergere il Regno di Dio che aveva annunciato già presente. Ma in seguito aveva quasi improvvisamente cambiato registro, aveva iniziato a parlare in parabole mettendo in guardia dai pericoli nei quali potevano incorrere: pensarsi una comunità di perfetti dalla quale escludere tutti gli altri; il credere di diventare come il maestoso cedro e, lui, aveva detto che invece sarebbero stati una pianta infestante e una piccola realtà che si doveva mescolare con il mondo per trasformarlo. Alla fine Gesù aveva chiesto loro se avevano capito ed avevano risposto senza pensarci su un minuto “Sì”.
Continuavano però a pensare di aver iniziato a seguire un Messia trionfante nonostante Gesù continuava ad indicare la via della sua morte a Gerusalemme. Quando avevano cercato di fargli cambiare opinione li aveva trattati da diavoli, da satana, invitandoli a rimettersi al loro posto, dietro a lui, limitandosi ad imitarlo.
Che pensare? La strada della sequela si faceva impervia, in salita.
Da quell’altura dove la tradizione dice che aveva portato Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù vede a sinistra Nazareth e poco più in là c’è Sefforis dove Giuseppe probabilmente aveva la bottega e vi era cresciuto; davanti ha il lago di Tiberiade sulle cui sponde aveva a lungo girato e predicato; a destra la valle del Giordano dove aveva incontrato Giovanni Battista e c’era la strada più diretta per salire a Gerusalemme. Da lì ha davanti a sé ha tutta la sua vita e la confronta con la Scrittura: il patto di Mosè e le profezie impersonate da Isaia. I discepoli sono perplessi ma convengono che è bello (?) interessante assistere e, forse, anche imparare da quel confronto di Gesù con la Parola. Pietro allora propone di fare tre capanne: una per Gesù, una per Mosè e una per Elia. Sei giorni prima lo aveva confessato come il Cristo, ma ora non lo mette al centro, al posto d’onore. Ci mette Mosè, il legislatore; pensa che Gesù sia un messia secondo la linea dell’osservanza della Legge anche da imporre se necessario con la forza come aveva fatto Isaia, che scannò personalmente quattrocentocinquanta sacerdoti di un’altra divinità.
Ecco perché interviene il Padre a correggere questa falsa visione di Pietro e degli altri due ed è qui che i tre si spaventano, cadono con la faccia a terra davanti a Gesù in un atteggiamento di sottomissione, affermando così di aver capito e di essere disposti ad ascoltarlo, di affidarsi a lui. Mentre scendono, riafferma quello che gli accadrà ed invita a “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.
Anche per noi è difficile parlare delle nostre esperienze che ci hanno portato fuori dagli impicci, ma quello che è certo è che a condurci su di un posto in disparte era stato Gesù e, toccandoci, ci aveva detto di rialzarci, di non temere e di seguirlo senza più timori, senza più paure.
(BiGio)
PS: nella II Domenica di Quaresima la Liturgia ci ha già presentato questo Evangelo, se lo si desidera si può andare a vedere anche quei due contributi a questi link:
https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2023/03/mt-171-9-ii-quaresima-una-preghiera-di.html
https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2023/03/esperienze-che-ci-trasfigurano.html
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