Due annunci negli Evangeli di oggi che creano stupore e turbamento, che chiedono di essere pronti perché la novità di Dio può accadere in ogni momento.
Vegliate, vegliate, vegliate, state attenti non dormite perché il kairos può accadere in ogni istante, in ogni momento della vostra vita potete scoprire la presenza di Dio nella vostra vita; il momento opportuno nel quale fa nuove tutte le cose potrebbe essere proprio questo ma è necessario accorgersene. Vegliate e state pronti ad accogliere la salvezza di Dio: è vicina la vostra liberazione da mondo basato sul dominio del potere, sulla sopraffazione egoistica e sarà portato a compimento l’avvento di uno nel quale regna la fraternità, lo spendere la propria vita chinandosi sul bisogno dell’altro chiunque questo sia.
È con questo accorato invito e con questa promessa di libertà che si è aperto domenica scorsa l’Avvento, richiamando l'invito dell’ultima domenica dello scorso Anno Liturgico che ha trovato il suo compimento nella Festa di Cristo Re.
Oggi è la 2^ Domenica di Avvento e l’Evangelo di Luca ci presenta la figura del Battista che invita a preparare la via del Signore, a dirci che ogni uomo vedrà la salvezza di Dio e ad essere pronti a questo evento. Ricorrendo però l’8 dicembre la festa di Maria concepita senza peccato, la liturgia ci propone di riflettere attorno all’annuncio dell’Angelo che concepirà un figlio.
Due annunci (il Battista e l’Angelo) che, in sostanza, propongono un evento che irrompe nella quotidianità creando stupore e turbamento. Anche noi facilmente rimarremmo sconcertati se da un momento all’altro qualcosa ci chiedesse di ridefinire la nostra vita accogliendo o meno la novità di Dio, senza immediatamente conoscere cosa questa comporti. Ne saremmo pronti? È una domanda che ci si dovrebbe porre costantemente.
La Liturgia di oggi ci pone davanti alla nascita di un bambino; è normale che questo evento innesca molti cambiamenti in qualsiasi famiglia, a partire dalla ridefinizione dei ruoli tra i due coniugi nella gestione famigliare e di cura verso il nuovo ingresso. È facile immaginare come questi aspetti si moltiplichino quando il nuovo arrivo è inimmaginabile per l’anzianità della madre (è il caso di Giovanni Battista), oppure perché chi si trova in attesa non ha ancora “conosciuto” uomo (come nel caso di Maria). Nel racconto biblico, come in tutta l’area medio orientale, non sono “casi unici”, è un topos letterario comune e diffuso: personaggi importanti nascono sempre con un intervento divino alle sue spalle sia nella Scrittura ebraico-cristiana, sia nelle altre culture e religioni.
L’annunciazione a Maria evidenzia molte “novità”.
Questa giovane donna era già “sposata” a Giuseppe (cioè erano “fidanzati” periodo nel quale, non vivendo assieme, non avevano rapporti sessuali) e attendeva che trascorresse l’anno previsto, dopo il quale si sarebbero celebrate le “nozze” e sarebbe iniziata la convivenza. L’arrivo dell’Angelo rompe tutte le convenzioni sociali dell’epoca e le dà un saluto che in ogni Eucaristia per ben tre volte (il numero tre significa la pienezza) viene rivolto dal presidente all’assemblea: Il Signore sia con voi (con te). Ma quel presente indicativo, al quale non si fa molta attenzione anzi lo si sottovaluta grandemente, non è un augurio generico bensì una forte affermazione: il Signore è in voi e vi ha riempito della sua grazia, della sua benevolenza, dell’amore che ha per voi. È un po’ come nell’Esodo quando Dio afferma di aver udito e visto la sofferenza del popolo, di essersi chinato per dargli gli strumenti perché potesse uscire dalla sua situazione di schiavitù (Es 3) e li rassicura: Io sarò con voi, al vostro fianco, non vi lascerò mai soli, vi sosterrò con continuità. Da quel momento questo suo modo d’essere diventa il suo Nome e un ritornello ricorrente all’infinito. Per questo non si deve “temere” nulla di quanto accade nella storia umana.
Maria è aperta e pronta ad accogliere la novità che l’irruzione di Dio nella sua vita porta. Certo, si chiede che senso avesse quel saluto ed è una domanda che dovremmo porci anche noi ogni volta che lo sentiamo scendere su di noi.
A priori avrebbe dovuto rifiutare, invece accetta la rottura di ogni convenzione; inoltre a dare il nome al figlio sarà lei e non, come da tradizione, dal padre. Con il patronimico quest’ultimo trasmetteva la tradizione della famiglia, il mestiere, la spiritualità. Tutto questo sarà invece dato da Dio: “sarà santo e chiamato Figlio di Dio” cioè il Messia atteso dalla tradizione enochica, non da quella mosaica. Maria non rifiuta, chiede come questo avverrà e accetta senza aver consultato e ottenuto il permesso da parte di Giuseppe. Inconcepibile in quella cultura ma noi non ci facciamo più caso, lo diamo per scontato ed è questo, che forse, non ci permette di accogliere le novità che Dio cerca con insistenza di immettere nella nostra vita, senza rinunciarvi mai. In questo modo mettiamo degli ostacoli alla possibilità che “la sua ombra” si stenda su di noi riempiendoci della sua grazia, del suo amore. L’augurio è che possiamo tutti imitare Maria a chiederci il “come” e alla fine poter esclamare “grandi cose ha fatto il Signore per me nella sua misericordia”. Ma è necessario non essere ripiegati in noi stessi per paura, ma vigili e pronti ad accogliere un evento che ci rende liberi.
(BiGio)
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Nota sulla festa di oggi
Nove mesi prima della natività di Maria (8 settembre) la Chiesa celebra la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Festa approvata nel 1476 da papa Sisto IV e poi stabilita per tutta la Chiesa da Clemente XI nel 1708.
Raccogliendo la dottrina secolare dei Padri e dei Dottori della Chiesa, dei Concili e dei suoi predecessori, Pio IX proclamò solennemente il Dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854: “Noi dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento” (Bolla Ineffabilis Deus, 1854).
Con questo dogma si completa in Maria l’immagine dell’umanità: ciò che era prima del peccato e ciò a cui è chiamata alla fine (Assunta in cielo).
Maria non va solo “ammirata”, ma chiede di essere “imitata” affinché la bellezza di Dio possa splendere sulla terra. “Tutti siamo predestinati”, tutti ricolmati di ogni benedizione, tutti scelti per essere santi e immacolati.
In altre parole l'uomo è chiamato a realizzare se stesso nel dialogo d'amore con Dio. Ma la storia umana mostra che c'è qualcosa di oscuro e di ribelle che prende l'uomo e lo spinge a rifiutare il dialogo con Dio, facendo dell'amore un’esclusiva preoccupazione per se stesso. È quello che la Chiesa chiama peccato originale.
Ora, per Maria, Dio ha pensato a un disegno che è tutto e solo amore gratuito: quello che l'angelo le annuncia chiamandola «piena di grazia». Fin dal primo istante della sua vita, Maria è stata presa solo dalla grazia, dalla luce, dalla santità di Dio.
Ma la sua non è una perfezione che la stacchi dagli umani: tuttora esistono, infatti, delle devozioni mariane che la esaltano come se fosse una semi-dea. Ma questo non è un buon onore fatto alla Vergine. Invece, è tutto il dono gratuito e l'opera preveniente del Signore che l'hanno custodita dal tradire il desiderio buono. In questa festa, celebriamo il grande amore di Dio per Maria; la quale è stata chiamata a credere più alla potenza della parola di Dio che all'evidenza della impotenza umana.
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