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Giulia Blasi: Tony Effe non deve educare i vostri figli, li dovete educare voi ...

Non possiamo lamentarci della rimozione di Scurati dalla televisione a causa di un monologo antifascista, e pensare che chiedere la rimozione di Tony Effe sia diverso. 



Ridotta all’essenza, è la stessa cosa: c’è un artista, c’è un prodotto dell’arte che si ritiene mandi un messaggio disallineato con i propri valori, c’è una richiesta di oscuramento dell’autore. Se lo fanno i fascisti, è osceno ma è in linea con le pratiche del fascismo che abbiamo sempre combattuto. Se lo fanno i progressisti, dall’alto di un giudizio improntato a una forma di autorità morale, crea un precedente che autorizza i fascisti. A Roma dicono: stacce.

E comunque: esistono prove concrete, fondate, di un legame eziologico fra la trap e la violenza contro le donne, e nello specifico della trap fatta da Tony Effe? Ci sono studi scientifici e sociologici che possano dimostrare che gli uomini ci ammazzano perché Tony Effe ha scritto delle rime di merda, e non perché viviamo in una società che normalizza la nostra sottomissione e autorizza la misoginia a tutti i livelli, e l’arte (di merda) non è che una manifestazione di un fenomeno che non si combatte certo con la repressione e il paternalismo? Il panico morale intorno a Tony Effe è parente stretto di qualunque panico morale generatosi nei decenni (per non dire nei secoli) intorno ai fenomeni pop più diversi. Come questo, raccontato in una colonnina illustrativa dell’esposizione permanente sui fumetti al PAFF di Pordenone².

Ogni epoca ha il suo moral panic.

Quando la settimana scorsa parlavo di impoverimento del dibattito culturaleintendevo anche l’appiattimento dell’intera discussione sul concetto di “difendere Tony Effe”, che è un concetto poverissimo, appunto. Perché c’è una differenza notevole fra “difendere Tony Effe” e mettere in guardia contro l’idea di giudicare l’arte con il filtro della moralità, che si applica a Tony Effe come a chiunque altro. Ma siccome Tony Effe fa arte brutta (per citare il sempre saggio Niccolò Vecchia: “intrattenimento”³) ed è tamarro e sbiascica i testi⁴, allora è facile usarlo come esempio e bersaglio. Le donne possono indignarsi e gli uomini fare finta che questo li assolva dal lavoro ben più gravoso che va fatto sul piano dell’educazione e dell’autocoscienza. 

Non invitarlo sarebbe stato più che legittimo: invitarlo e poi disinvitarlo ha solo creato ulteriore attenzione intorno alla sua figura, gli ha permesso di fare il martire e di organizzare in due e due quattro un concerto al Palazzetto dello Sport che il Comune è stato mezzo obbligato a concedere, e serve che ricordi che va a Sanremo? Ecco, ci andrà entrando in trionfo come eroe dei giovani. Si chiama “eterogenesi dei fini”, e dovrebbe essere tenuta presente quando si progetta qualsiasi azione pubblica.

La cosa che mi manda ai pazzi è che in effetti io credo che Tony Effe faccia arte brutta. Ma molto brutta, al punto che non so nemmeno se ritenerla arte o una semplice performance pensata per fare cassa sulle insicurezze dei ragazzini, sempre molto disponibili a cantarle ad alta voce. La violenza casuale e reiterata dei suoi testi è un fatto (peraltro: non nuovo, e già noto a chi ha un occhio sulla contemporaneità che non sia indirizzato dall’indignazione e dal paternalismo), e pur non essendo la sua analista non faccio molta fatica a immaginarmi che si tratti solo in parte dell’espressione di fantasie mai messe in discussione, e per il resto di banale e trita riproposizione di stereotipi per fare contento il grande pubblico, composto a larga maggioranza da gente che se ne fotte della morale o di problematizzare l’espressione della maschilità tossica⁵. Tony Effe raccoglie e impersona uno Zeitgeist che mi ricorda moltissimo quello degli anni ‘80: vuoto e disperato, minacciato da guerre e tensioni e da una classe dirigente incapace di affrontare le sfide della contemporaneità. I testi da boro Tony-comprami-la-borsa sono il sintomo di un desiderio disperato di disimpegno, oltre che una reazione al lavoro sempre più incisivo, costante e capillare dei femminismi nell’indirizzare la liberazione delle ragazze.

Eppure io penso che questo sia il piano per parlarne: quello artistico, critico, analitico. Non quello educativo. Tony Effe non deve educare i vostri figli, e se vogliamo dirla tutta io non riscontro grande artisticità neanche in Miglioredei Pinguini Tattici Nucleari, scritta come un dialogo fra Giulia Tramontano e il feto che è morto con lei quando Alessandro Impagnatiello l’ha accoltellata. Un brano il cui intento forse non è educativo, ma di certo rappresenta un posizionamento diametralmente opposto rispetto al tema che ha incendiato il dibattito in questi giorni. Però neanche i Pinguini Tattici Nucleari devono educare i vostri figli. Li dovete educare voi, i vostri figli. Li devono educare quelli che passano il tempo a reclamare un’assoluzione individuale, perché “Non tutti gli uomini!” Li deve educare la scuola, anche se Valditara non vorrebbe e comunque non mi pare abbia un’idea molto chiara di come si dovrebbe fare. Li devono educare gli adulti intorno a loro, per rifornirli di anticorpi contro il desiderio di sopraffazione e metterli nelle condizioni di ascoltare delle canzoni per quello che sono: belle o brutte o cringe come quelle in cui il cognome di una vittima di femminicidio viene usato come verbo, spostando l’accento.

 (Giulia Blasi)

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