Nei miei ultimi soggiorni nei paesi del Nord Europa, ma anche in Francia, ascoltando cristiani diversi per appartenenza a chiese diverse, ero rimasto stupito per la frequenza con la quale si professavano cristiani e con una certa forza dichiaravano di riconoscere l’origine e la crescita della loro fede in una confessione cristiana ma di non sentirsi più da essa rappresentati e non potersi più identificare in essa.
In una stagione in cui si moltiplicano le inchieste riguardo alle appartenenze religiose e alle loro pratiche va riconosciuto che questi mutamenti carsici, questi cambiamenti non vengono registrati, e tantomeno analizzati, eppure avvengono e sono sempre più riscontrabili. Questo è un fenomeno nuovo: fino a poco tempo fa di sé stessi e degli altri si professava innanzitutto la confessione di appartenenza e si tralasciava la qualifica di “cristiano” che poteva sembrare addirittura in contraddizione con l’essere cattolico, protestante o ortodosso. Non si dimentichi che Benito Mussolini ha potuto gridare: “Io sono cattolico, non cristiano!”, senza essere contraddetto o biasimato dalla chiesa, ma anzi ricevendo da molti un plauso che faceva sentire i cattolici “un esercito all’altare”.
Ma la riscoperta del Vangelo e della Bibbia nelle chiese ha risvegliato l’identità cristiana sepolta sotto le ceneri ...
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