L’Eucaristia della notte di Natale celebra il Cristo risorto e veniente nella gloria facendo memoria della sua nascita nella carne. Se nella notte pasquale cantiamo che “Cristo è veramente risorto!”, in questa notte cantiamo che il Risorto è veramente venuto nella carne umana condividendo il cammino di ogni uomo.
Il mistero dell’incarnazione rinvia direttamente al mistero dell’amore di Dio. Il Dio che si fa uomo è simile a quel re che voleva sposare una ragazza poverissima e di infime origini e, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch’egli un servo e coronando così il suo sogno d’amore. Scrive Søren Kierkegaard a commento di questa storiella: “Questa è l’insondabilità dell’amore, il fatto di non diventare per scherzo, ma seriamente e veramente uguale all’amato… Ogni altro tipo di rivelazione sarebbe un’impostura per l’amore di Dio”. L’evento che oggi viene celebrato è il paradosso per cui Dio si è fatto uomo, il Creatore si è fatto creatura, l’Eterno si è fatto mortale, l’Onnipotente si è fatto impotente come un neonato.
Cosa ti offriremo, o Cristo,
per esserti mostrato sulla terra come uomo?
Ognuna delle creature da te create
ti offre infatti la sua riconoscenza:
gli angeli, il canto; i cieli, la stella;
i magi, i doni; i pastori, la loro ammirazione;
la terra, una grotta; il deserto, una mangiatoia;
e noi, una vergine madre!
O Dio che esistevi prima dei secoli,
abbi pietà di noi.
(Liturgia bizantina, Tropario dei Vespri )
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