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L’ospedale della pace? Vive a Gerusalemme

Un luogo a Gerusalemme dove i sogni si realizzano. Un esempio di convivenza nel nome della speranza. Un ospedale dove i piccoli pazienti nati con gravi disabilità o rimasti feriti in incidenti, conflitti o attacchi terroristici possono tornare a guardare, con il sorriso, al futuro. 

Nel quartiere di Kiryat Yovel sorge l’ospedale ALYN (l’acronimo in ebraico di «Società per l’aiuto ai bambini disabili») che «cura e riabilita in modo gratuito bimbi e adolescenti israeliani e arabo-palestinesi senza distinzioni di religione o etniche. Oggi disponiamo di 120 letti e sono circa 250 i piccoli visitati ogni giorno tra ospedale, ambulatori e nell’asilo nido del Centro di riabilitazione educativa», racconta al telefono Maurit Beeri, pediatra e dal 2011 direttore generale della struttura fondata nel 1932 dall’ortopedico americano Henry Keller. 

Uno degli aspetti che contraddistingue l’ALYN Hospitalè la ricerca tecnologica applicata: e infatti qui ogni giorno si sviluppano terapie, protesi, strumenti per la mobilità che possano migliorare la vita di tanti giovani, non solo in Israele. In questo contesto si inserisce l’idea del nuovo Center for Smart Technologies for Independent Living, realizzato anche grazie al contributo italiano: «È qualcosa di sorprendente, perché la guerra non fa smettere di guardare al futuro», ricorda Beeri. «Il nostro obiettivo è rendere i bimbi più felici e autonomi. Molti non potranno guarire completamente, ma desideriamo possano vivere meglio. Stiamo mettendo a punto una tecnologia che li aiuti a essere indipendenti nel quotidiano: dall’accensione della tv al posizionamento di una sedia, con l’aiuto di un joystick». 

In questi mesi di guerra tanti «feriti e spaventati» hanno trovato riparo qui: «Sono molte le difficoltà che incontriamo, dal reperimento dell’attrezzatura sanitaria al raggiungimento delle strutture. Speriamo solo che il conflitto abbia fine», confessa la dottoressa. Lanciando un messaggio di pace: «Tutti apparteniamo al genere umano e tutti amiamo i bambini. Dobbiamo tornare alla normalità e a guardarci negli occhi. Mi piace pensare che nell’acronimo dell’ospedale - sorride - sia “nascosto” anche un altro messaggio: All love you need». Tradotto: tutto l’amore di cui hai bisogno.

«In tempi dolorosi come quelli che stiamo vivendo sostenere i miracoli che quotidianamente si compiono all’ALYN significa credere e lottare con tutte le forze per superare gli ostacoli che ci pone davanti l’esistenza: malattie, incidenti o devastazioni dell’odio», spiega Piergiorgio Segre, presidente dell’associazione Amici di ALYN, che sostiene l’ospedale dall’Italia e conta oggi nel nostro Paese più di 500 soci «Non dobbiamo mai perdere la speranza - conclude la vicepresidente Antonella Imbesi Jarach - di vedere tornare il sorriso sul volto di una giovane vita che sembrava spezzata».

(Silvia Morosi)

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