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Cibo

 


Da più di 30 anni, Steve McCurry è considerato una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea. Nato a Philadelphia nel 1950, ha lavorato per la Magnum Agency viaggiando in tutti i continenti, pubblicando su testate come New York Times, Time e National Geographic. Le sue fotografie raccontano conflitti, culture che stanno scomparendo, tradizioni antiche e abitudini contemporanee, mantenendo sempre al centro l’elemento umano, valorizzato attraverso il focus sui volti.

McCurry è universalmente riconosciuto come “il fotografo di Sharbat Gula”, la ragazza afgana ritratta in un campo di rifugiati a Peshawar, in Pakistan: nel giugno 1985 la foto è stata scelta come copertina del National Geographic, diventando un’icona di quella e di molte altre guerre.

La mostra

Si è svolta nel gennaio 2020, al Museo San Domenico di Forlì.
Il cibo sembra oramai dominato da una tendenza di tipo iconico- edonistica che poco si concilia con il senso più ampio e profondo che lo stesso incarna: cultura. Siamo nell’epoca in cui “non si è mai parlato tanto di cibo e non si è mai cucinato così poco”, tendenza che fa assumere allo stesso una connotazione di virtualità estetica slegata da alcune delle dimensioni più profonde dell’esistenza umana. L’ambito materiale del fare, l’arte del saper fare, il produrre, lo scambio, il lavoro, la conoscenza, lo stare insieme, l’accogliere, il diritto inviolabile alla vita e, ancora, la tradizione, la spiritualità. Ossia, la sostenibilità dell’essere.



Anche per questo gli scatti di Steve Mc Curry dedicati al cibo ne raccontano idealmente il ciclo di vita dalla produzione al consumo, assumendo una funzione che, ben al di là del loro valore estetico, ci costringe a una riflessione profonda e a uno sforzo di consapevolezza su come l’elemento necessario all’esistenza sia presente in modi così diversi nelle differenti regioni del nostro Pianeta.



Di Steve McCurry si conosce bene la capacità di cogliere l’attimo irripetibile di una quotidianità dal sapore eroico, di fermare nei gesti e nei volti la sfumatura più intrigante e sorprendente, di raccontare storie capaci di scavare nella sensibilità dell’osservatore facendolo partecipare dello stupore e della meraviglia di chi ha avuto il privilegio di essere lì nel momento in cui il fatto si è compiuto. Il tratto comune delle sue immagini è quello di cercare l’universale nel particolare; la straordinaria capacità, nello spazio minimo di un fotogramma, di raccontare per intero la storia di una persona, di una comunità, di un Paese.




Una sorta di metonimia visiva, quella di McCurry, in cui la parte sta per il tutto facendo dell’evocazione un valore superiore, per quantità e qualità, alla rappresentazione.
Nel caso della Mostra “Cibo”, questo desiderio di trasfigurare la storia minima nell’universale di un racconto dai toni epici, si ri- trova in modo straordinariamente efficace.

Ogni foto è un paradigma; vale per le figure commoventi che consumano il pasto nella solitudine o nel dolore, come per i frammenti di mercati in cui i pesci, la frutta o le spezie varcano la soglia dello sguardo e si fanno odori, suoni, sapori, partecipazione emotiva a una realtà che, nelle differenze, ci riporta all’uguaglianza di esseri umani che condividono un pezzo di storia, di mondo, di vita.



È così per la parte dedicata al lavoro, alla preparazione e allo scambio del cibo che preserva la dignità sacrale del vivere. È così negli scatti in cui il mangiare insieme diventa fulcro di convivialità, condivisione e scambio anche simbolico.

“Noi non ci incontriamo per bere e mangiare, ma per bere e mangiare insieme”, diceva Plutarco.




Ecco allora che le 79 immagini di Mc Curry, in un crescendo di emozioni fatto di forme, colori e sincera partecipazione, ci portano la dove sempre, in ogni tempo, qualcuno cerca di impedirci di andare, verso un convivio ideale in cui i tratti dei volti, il colore della pelle, gli abiti, i luoghi e le abitudini si mischiano in un grande contenitore di umanità che ci fa sentire davvero uniti nelle differenze. Ci fa essere parte della grande mensa del mondo.




(da: www.insiemesullastessabarca.it)


















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