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Dolore, le differenze che pesano sulle donne

di Alessandra Graziottin

«Signora, lei non ha niente. Il dolore ce l'ha in testa». Milioni di donne nel mondo continuano a vedere negata la verità biologica, fisica, del loro dolore. Le conseguenze sono malattie che progrediscono non diagnosticate, lesioni funzionali e anatomiche ingravescenti, progetti di studio, lavoro e famiglia azzoppati, comorbilità che si sommano in una spirale distruttiva, qualità di vita rovinata.

Perché il dolore nelle donne è meno considerato? Quali fattori millenari e recenti mantengono uno sguardo così clinicamente asimmetrico tra uomini e donne? Riflettendo, mi sembra che si possano individuare alcuni fattori critici. Il primo è relativo alla origine del dolore. Nei millenni le cause di dolore più evidenti erano esogene, esterne al corpo, da fattori traumatici ambientali: lesioni da caduta e da incidenti, ferite da battaglia e da lotta, da armi da taglio e poi da fuoco, erano molto più frequenti negli uomini rispetto alle donne (con l'eccezione delle percosse e delle violenze, in famiglia e in guerra). Nelle donne per millenni i dolori più frequenti sono stati quelli da cause endogene: dolore mestruale, ovulatorio e da parto, erano considerati epifenomeni intrinseci dell'essere donna. Cause obiettive esterne, lesioni evidenti a occhio nudo hanno sempre portato a dare più ascolto e più rispetto alla verità del dolore negli uomini rispetto alle donne.


Il secondo fattore, in parte legato al primo, è relativo alla visibilità delle lesioni, storicamente più riconoscibili negli uomini perché post-traumatiche. Purtroppo, fino a pochi anni fa non si sapeva che il dolore endogeno (oltre che esogeno) è la punta dell'iceberg di un'infiammazione dei tessuti, un micro-incendio biologico, invisibile finché non ha causato danni maggiori. I dolori che più colpiscono le donne hanno questa doppia insidia: sono endogeni e provenienti da cause a lungo invisibili, proprio perché sottesi da quest'infiammazione che per mesi e anni avviene al disotto della soglia di visibilità a occhio nudo, pur potendo causare dolori invalidanti. Per esempio: nel 15% di donne in cui il dolore mestruale severo è sotteso da una infiammazione tessutale persistente, causata da una malattia progressiva come l'endometriosi; nel 12% delle donne in cui il dolore vescicale persistente è causato da un'infezione e un'infiammazione delle cellule della parete vescicale, responsabili della sindrome della vescica dolorosa; nel 12-15% delle donne in cui il dolore vulvare e all'inizio della penetrazione sono causati da un'infiammazione su base immuno-allergica attivata dagli antigeni della candida, e così via.


Il criterio pericoloso della visibilità delle lesioni che causano il dolore persiste tra i medici: i nostri mezzi diagnostici radiologici ed ecografici si basano sul criterio di visibilità a occhio nudo, spesso tardivo rispetto a quando è iniziata l'infiammazione, ma anche le patologie cardiovascolari, neurodegenerative, autoimmuni o tumorali che essa sottende. Come sempre ripeto, di fronte a un dolore evidente, se la diagnostica per immagini è negativa, sarebbe più appropriato dire «non c'è nulla di ancora visibile con gli attuali mezzi di indagine» e non «siccome non vedo nulla di patologico, lei non ha niente, e se ha dolore se lo inventa».           
Il criterio della visibilità persiste anche nella popolazione generale. Eppure la pandemia da covid-19 dovrebbe aver insegnato anche al grande pubblico la potenza dell'invisibile a occhio nudo. Di fatto la vasta maggioranza delle patologie inizia in modo invisibile finché non si arriva in modo più o meno rapido a sintomi e segni clamorosi di malattia.


Altro fattore pericoloso, più nelle donne: il normalizzare disturbi e malattie solo perché frequenti. Confondendo un criterio statistico (ciò che è presente nel 66% o più della popolazione) con un criterio biologico. La signora si lamenta di dolori osteoarticolari dopo la menopausa? «Normale signora, tutte le donne hanno dolori!». È frequente, non normale. Dal punto di vista biologico la normalità è la salute, senza infiammazioni né dolore. Questo è meno probabile con l'età, ma non legittima la normalizzazione né del dolore, né della patologia.     
In sintesi: è urgente superare l'obsoleto criterio della visibilità a occhio nudo, ascoltare i sintomi con più attenzione fisiopatologica all'infiammazione, e con più rispetto della verità del dolore. Riconoscere tempestivamente l'infiammazione invisibile che causa i dolori endogeni, a donne e uomini, è il primo passo per diagnosi più precoci e terapie più efficaci, indipendentemente dal genere di appartenenza e dall'età.


www.alessandragraziottin.it

(anche sulla sua rubrica suIl Gazzettino di Lunedì 12 Luglio 2021)

 

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