Per lo più i giornali e le TV hanno avuto poco risalto il Motu Proprio di Papa Francesco dello scorso 16 luglio. Invece vale la pena soffermarvisi perché ci sono molti aspetti importanti, significativi e innovativi a partire dal titolo: “Traditionis custodes”. Il Papa si rivolge ai vescovi come i “custodi della tradizione” coinvolgendoli direttamente nell’esercizio dell’autorità nella Chiesa universale. Questo principio ecclesiologico e strutturale che il Concilio Vaticano II ha ristabilito, merita di essere difeso come un bene prezioso. È una questione decisiva mentre i Papi Woitwla e Ratzinger li escludeva nella loro decisione di ampliare la possibilità di celebrare l’Eucaristia con il rito precedente la Riforma Liturgica del 1970.
Vale la pena di soffermarsi su molti aspetti a riguardo dei quali qui si faranno degli accenni rimandando ai testi commenti estesi con degli appositi link.
****************
Motu Proprio “Traditionis custodes”. Sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970
Scrive il Papa: “Purtroppo l’intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso «fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente», è stato spesso gravemente disatteso. Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni."
Il testo dell’intero Motu Proprio a questo link:
Lettera del Santo Padre Francesco ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il Motu Proprio «Traditionis Custodes»
Papa Francesco non si è fermato al Motu Proprio ma l’ha accompagnato da una chiarissima lettera di presentazione ai suoi confratelli nell'episcopato (che vale proprio la pena di leggere) nella quale sottolinea come: "Chi volesse celebrare con devozione secondo l’antecedente forma liturgica non stenterà a trovare nel Messale Romano riformato secondo la mente del Concilio Vaticano II tutti gli elementi del Rito Romano, in particolare il canone romano, che costituisce uno degli elementi più caratterizzanti".
Contemporaneamente però segnala che: "Mi addolorano allo stesso modo gli abusi di una parte e dell’altra nella celebrazione della liturgia. Al pari di Benedetto XVI, anch’io stigmatizzo che «in molti luoghi non si celebri in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura venga inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale porta spesso a deformazioni al limite del sopportabile». "Vi chiedo di vigilare perché ogni liturgia sia celebrata con decoro e fedeltà ai libri liturgici promulgati dopo il Concilio Vaticano II, senza eccentricità che degenerano facilmente in abusi".
Il testo dell’intera lettera a questo link:
***********************************************
Di seguito, a commento dei due testi del Papa, si pone all’attenzione quattro interventi del teologo liturgista Andrea Grillo che ne sottolinea e chiarisce diversi aspetti pubblicati sul sito della Cittadella.
I confini del Vetus Ordo. La normativa ecclesiale dopo “Traditionis custodes”
In questo testo, Andrea Grillo brevemente ricapitola paragonando e mettendo a confronto la “Summorum Pontificum” di Papa Benedetto XVI con quello di Papa Francesco. Emerge così cosa è cambiato e cosa accade oggi. In questo modo appare con chiarezza come sia dimostrata una teoria azzardata e contradditoria l’idea che la liturgia potesse esprimersi in due forme rituali parallele. Questo ha causato una incertezza del diritto che ha portato confusione, divisione e conflitto nell’unica Chiesa.
Dai “sommi pontefici” ai “custodi della tradizione”: le peripezie del rito romano
Con le aperture concesse, qualunque ministro ordinato poteva scegliere la forma (il rito) di celebrare. Non si è rivelato un principio di conciliazione ma di disgregazione della Chiesa.
Papa Francesco, figlio del Concilio, ha avuto il buon senso e la saggezza di dire: ora basta. Un piccolo e grande segno che la riforma conciliare non si può fermare. Si può solo accompagnare con cura e con disponibilità la forma comune, senza riserve e a carte scoperte, in quella “scuola di preghiera” che sono i nuovi riti.
La “actuosa participatio” abroga Summorum Pontificum: ma perché SC 48 viene citato in modo errato?
Vi è una sola forma del rito romano vigente: quella del 1970. Per avvallare questo Francesco cita il testo più famoso, che sta a giustificazione della riforma liturgica che, però, viene citato in una forma precedente a quella definitiva approvata dal Concilio Vaticano II.
La differenza sta nel fatto che, al centro del nuovo rito conciliare, non si tratta di far “comprendere bene i riti e le preghiere” – come diceva il testo prima di essere emendato dal Card. Bea – ma di “comprendere bene il mistero attraverso i riti e le preghiere”. Per questo può esservi una sola “forma rituale”: perché i riti sono mediazione originaria della identità ecclesiale.
Ma perché in Vaticano circolano edizioni non ufficiali dei Documenti Conciliari?
“Anarchia dall’alto”: il motivo sistematico della abrogazione di Summorum Pontificum
Gianfranco Zizola (giornalista e scrittore morto nel 2011, aveva partecipato al Concilio redigendone le cronache ufficiali per l’Avvenire, è stato poi il vaticanista in particolare del Sole e di Repubblica), 14 anni fa aveva colto con singolare lucidità l’effetto che SP avrebbe prodotto nel corpo ecclesiale: “anarchia dall’alto”.
Aveva dedotto questo dalla lettera accompagnatoria ai vescovi del Documento di Papa Benedetto XVI nella quale si affermava: “ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura giudicato dannoso”.
In questo articolo Andrea Grillo chiarisce la fragilità di questo principio che oggi viene richiamato per criticare la decisione di Papa Francesco che ha posto fine all’anarchia che ne era seguita.
Nessun commento:
Posta un commento