Gesù chiede ai discepoli di andare a due a due per testimoniare l’esperienza del suo amore. Questo significa anche accogliere la vita che incontriamo nel cammino e aprirci anche a nuovi orizzonti.
Nelle opere di Josué Sánchez ritroviamo una vivida testimonianza della vita e dell’esperienza che ha vissuto. Come artista e uomo delle Ande Josué Sánchez Cerrón sente l’esigenza di tramandare anche la memoria della propria cultura d’origine.
La natura rigogliosa, vivace, carica di frutti e colori fa parte dell’universo vitale e artistico di Josué Sánchez Cerrón (nato nel 1945), pittore, muralista e scultore peruviano, originario di Huancayo, città della Valle del Mantaro situata nel centro del Perú.
Da bambino la madre gli raccontava i miti andini in cui creature favolose popolavano la foresta. Attraverso questi ricordi le sue opere si animano di cieli stellati, selve magiche e paesaggi che cambiano al ritmo delle semine e delle raccolte.
Immersa in questo ricco contesto naturale si muove la vita della gente delle Ande, che Sánchez dipinge nei suoi gesti essenziali, attraverso un’arte visiva che diventa espressione collettiva più che individuale: i momenti di festa, il duro lavoro, le celebrazioni religiose e i miti incaici, un mondo indaffarato e gioioso, unito da un fortissimo senso di comunità.
Tra le vie e le casupole dei villaggi sono raffigurati le chiese, i campanili e le feste religiose: una fede semplice, che l’artista ha vissuto fin da bambino grazie al padre, pastore evangelico, e che si è accresciuta con la partecipazione giovanile alla vita della Chiesa locale, diventando infine protagonista di parte della sua vasta produzione artistica.
Di forte impatto visivo sono cinque grandi murales, realizzati tra gli anni Settanta e Ottanta in Perù e in Germania, che raffigurano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, espressioni di religiosità popolare e parabole evangeliche. Sánchez afferma che si è fortificato molto nella sua vocazione di pittore e cristiano lavorando a queste opere. Come artista e uomo delle Ande egli sente l’esigenza di tramandare anche la memoria della propria cultura d’origine: da qui il richiamo alla cosmogonia e ai miti incaici, come la rappresentazione di un universo tripartito tra le entità del cielo, con il sole e le stelle, quelle sotterranee e il mondo intermedio degli uomini (Kaypacha).
Un’appartenenza che allo stesso tempo si traduce nel riconoscersi figlio di un luogo e del tempo presente: la Valle del Mantaro e il suo ricco artigianato diventano elementi fondanti dello stile espressivo di Sánchez, che traspone nelle sue opere l’intensità dei colori dei tessuti tradizionali e la composizione delle immagini tipica delle zucche intagliate, mentre temi di forte attualità, come la denuncia di un’urbanizzazione che distrugge la natura o il timore di una modernizzazione che cancella le radici, si affiancano alla rappresentazione di un mondo corale che sembra cristallizzato in un tempo indefinito e mitico.
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