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III Domenica di luglio: Festa del Redentore - Gv 3,13-17 (letture proprie della Chiesa che è in Venezia)

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchè il mondo sia salvato per mezzo di lui. 





Il Redentore è una festa tutta veneziana, civica e intensamente religiosa: il ponte votivo, una vigilia di allegria in laguna e, sul finir della festa, l’Eucaristia solenne di ringraziamento con le Autorità e il Patriarca. 
La festosità di questa giornata non deve farci dimenticare la ricchezza impegnativa dei contenuti che essa celebra. La festa del Redentore nasce dal grido di dolore di una città prostrata da una devastante pestilenza: i testi liturgici sono un’apertura di fede e di speranza; nello stesso tempo suonano come forte richiamo di vita. 
La festa del Redentore è allora una lieta notizia e ci ricorda che noi siamo salvati mediante il sangue di Cristo; ci ricorda però che questo amore ci apre a un dovere di solidarietà e di condivisione con i fratelli vicini e lontani. 
La nostra risposta all’evento di salvezza costituito dalla Croce, è la fede in Gesù, unico salvatore; ma, insieme, è l’impegno ad aprirci con cuore solidale alla sofferenza e al bisogno dei fratelli. 
Il Figlio di Dio, facendosi uomo, si è unito a tutti gli uomini: lui ci ha resi partecipi della sua filiazione divina, capaci di rivolgerci a Dio chiamandolo Padre. Ma proprio questo ci ha unito a tutti gli uomini, vicini e lontani, al punto che noi saremo giudicati precisamente sulla nostra apertura a vedere nel fratello povero, affamato, straniero, in carcere’ Gesù stesso. Ed Egli riterrà fatto a sé, o negato a sé, ciò che noi avremo fatto o negato al fratello che è nel bisogno. 
A questo punto, sforziamoci di leggere, alla luce delle verità che abbiamo richiamato, alcuni aspetti della nostra vita. 
L’estate fa emergere taluni problemi di sempre e li rincrudisce. Penso agli anziani che, proprio d’estate, quando i familiari vorrebbero andare in vacanza, rischiano di sentirsi un peso. E questo è quanto di più avvilente possa accadere ad una persona che è vissuta per dare un avvenire migliore alle future generazioni. D’estate gli anziani rischiano di rimanere anche molto soli. La solitudine è la grande sofferenza degli anziani, che invece hanno tanto bisogno di affetto. 
Ancora: l’estate disperde molte persone e quindi rende particolarmente pesante la situazione delle famiglie che hanno a carico un disabile o un ex-manicomiale. Evoco queste situazioni innanzitutto per dire a coloro che ne soffrono e che forse pensano con amarezza al Redentore come a una festa a loro negata, che noi li ricordiamo. Nello stesso tempo esprimiamo apprezzamento e incoraggiamento ai volontari che anche in questo periodo si dedicano a chi è nel bisogno. 
Ricordo infine queste situazioni per porre la domanda se non possiamo fare anche noi qualche passo in più nella linea della solidarietà e della condivisione; e soprattutto nella assunzione d’uno stile di vita che nell’uso del denaro e nel godimento del benessere tenga conto degli altri: questo può essere fatto da tutti e cambia la mentalità, creando una cultura nuova. 

Sarebbe mistificante celebrare la festa del Redentore, mistero supremo di solidarietà, senza scoprire nel volto di Cristo crocifisso le sembianze del fratello che soffre. Perché il Redentore è un mistero unificante: nel volto di Cristo crocifisso c’è il mio volto, ma c’è anche quello di ogni mio fratello che soffre. 

 

Da un’omelia del Patriarca Marco Cè in questa festa



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La Festa popolare del Redentore ha alcuni elementi significativi che non vanno dimenticati. In sintesi:


- c'è una veglia

- una cena rituale (dal menù "fisso": bigoli in salsa, saor, anara rosta, anguria)

- i fuochi a cavallo della mezzanotte che segnalano il passaggio da un giorno all'altro anticipandone i bagliori

- un esodo verso il Lido di Venezia

- un bagno alle prime luci dell'alba (segno di purificazione) 

- una celebrazione liturgica di ringraziamento


Si celebra cioè il passaggio da una realtà di schiavitù (sotto la malattia), ad una realtà nuova nella salute (salvezza) recuperata, la lode il ringraziamento.

"Celebrare" è non semplicemente ricordare bensì "rendere attuale" la realtà della quale si fa memoria (zikkaron in ebraico)


Come si può facilmente intuire, in controluce c'è Esodo: il cap. 12 (veglia-cena rituale-uscita dall'Egitto) il cap. 14 (attraversamento del mar Rosso) e il cap 15 (il Cantico di Anna)

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