Il numero di luglio di Jesus pubblica un interessante dibattito con quattro pastori e studiosi: monsignor Erio Castellucci, vescovo di Modena e vicepresidente della Cei; don Dario Vitali, docente della Gregoriana; Paola Lazzarini Orrù, presidente di Donne per la Chiesa e Marco Marzano, professore di Sociologia all’Università di Bergamo.
Vale la pena di prendersi un po' di tempo per leggere la trascrizione dell'intero confronto a questo link:
“Verso una Chiesa senza preti?” In Occidente cala il numero dei presbiteri ma non diminuisce il clericalismo. Mentre nelle parrocchie tutto continua a ruotare attorno alla figura del prete, papa Francesco punta sui ministeri istituiti riconoscendo il ruolo dei catechisti e aprendo alle donne il lettorato e l’accolitato. Si va verso una Chiesa in cui l’unico popolo sacerdotale eserciterà diversi ministeri, ordinati e istituiti? Sarà un argomento del prossimo Sinodo?
Non si tratta solo del numero e del ruolo dei presbiteri, in costante diminuzione nel mondo occidentale, ma di una riforma ecclesiale a tutti i livelli, dalle parrocchie alle diocesi, dai movimenti agli istituti di vita consacrata, di cui si sente l’urgenza. Dal dibattito ne è scaturita una serie di spunti utili per la riflessione, anche in vista dell’impegno sinodale della Chiesa italiana.
Tra i tanti elementi emersi uno riguarda il clericalismo, più volte denunciato da papa Francesco, alla base di tante storture. Non riguarda solo vescovi e preti, ma anche tanti laici. Perché è anzitutto una questione di mentalità. La mentalità clericale porta a considerare il parroco proprietario o gestore unico della comunità. Il prete tende a considerare sé stesso una sorta di padrone o di plenipotenziario, ma questo fa comodo a tanti laici, che non hanno interesse a sentirsi coinvolti, ma possono comunque esigere tutta una serie di prestazioni, a partire dai sacramenti. La mentalità non si cambia per decreto, anche se riforme strutturali sono utili. Serve un cammino insieme, il dialogo, la riscoperta della comune appartenenza alla Chiesa, anzi a Gesù Cristo.
Un altro aspetto importante, anche per superare la mentalità clericale, lo sottolinea don Dario Vitali: «Sarebbe bene insistere sul Popolo di Dio, piuttosto che sui laici... Perché? Nella relazione preti-laici, giocata inevitabilmente sul registro del potere, il rischio è che i laici finiscano sempre in posizione subordinata. Io preferisco insistere sul Popolo di Dio, nei confronti del quale il ministro è sempre e comunque colui che serve». Questo, conclude don Vitali, «permette di introdurre il tema del sacerdozio comune come fondamento di carismi, ministeri, vocazioni, una realtà moltiplicata nell’ordine dello Spirito che può fare una Chiesa veramente tutta ministeriale».
Buona lettura alla fine, siamo convinti, converrete che ne sarà valsa la pena ....
la trascrizione del dibattito a questo link:
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