Marco domenica scorsa ci ha consegnato il volto di una comunità cristiana che possa essere in qualche modo una anticipazione anche se imperfetta del Regno che viene. È una comunità definita dall’essere in cammino, in divenire che ha il compito di amare gli uomini che Dio ama lasciandoli liberi di andare e venire per le loro strade che possono essere molto diverse dalle sue, senza voler imporre loro il proprio percorso, senza pretendere di assimilarle perché il suo compito è di far si che incontrino il Signore sorprendendoci perché ci anticipano, e vedere il Signore che ne ha compassione.
La scorsa Domenica, una domanda ci si era posti dopo aver ascoltato l’Evangelo. Gesù aveva inviato i suoi ad andare con lui in un luogo solitario a riposarsi un po’ perché non trovavano nemmeno il tempo di mangiare per stare dietro alla folla che andava e veniva. Ma dove vanno non trovano il luogo deserto al quale aspiravano, ma popolato da una grande folla che li aveva anticipati e li attendeva, quella stessa dalla quale speravano di allontanarsi.
Ma il Signore può promettere qualcosa che poi non mantiene, oppure siamo piuttosto noi che dobbiamo imparare qual è il riposo che lui ci offre perché l’ha promesso e al quale la folla non è affatto un ostacolo ma un’occasione?
Lo si scopre se si mette in parallelo quel fatto con il salmo responsoriale di domenica scorsa, il n. 23 che, tra l’altro, alludeva anticipando l’Evangelo di oggi
Mc 6, 34 – Gv 6,1-15 | Ps 23 |
… erano come pecore senza pastore | Il Signore è il mio pastore |
li fa sedere sull’erba verde | su verdi prati |
Gesù dà da mangiare | davanti a me prepari una tavola |
Tutti si sfamarono | Non manco di nulla |
Qui c’è il “riposo” promesso; ma cos’è?
Innanzitutto la “compassione” di Gesù. Il verbo greco reso con “si commosse” indica il movimento delle viscere che la vista della folla provoca in Gesù; è un verbo riservato unicamente a Gesù e a Dio.
I discepoli trovano il riposo quando scoprono la misericordia che Dio offre al popolo che ama, misericordia di cui è portatore l’”insegnamento” che sfocerà nella moltiplicazione dei pani che viene proclamato nell’Evangelo di oggi nella versione di Giovanni ma, anche in Marco è la continuazione del brano di domenica scorsa.
Giovanni però ci invita a concentrare la nostra attenzione su Gesù: “in quel tempo Gesù andò sull’altra riva, una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che lui faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e se mise a sedere con i suoi discepoli”.
Noi siamo invitati adesso a fissare l’attenzione su Gesù. L’iniziativa è tutta sua per l’intero brano. Qui non insegna, ma alza gli occhi, vede la grande folla è sollecita i discepoli a porsi la domanda di come sfamare tutta quella gente: ha bisogno della loro collaborazione e del contributo di quello che un ragazzo può mettere a disposizione, disposizione cinque pani e due pesci. Fa sedere tutti sull’erba, benedice, fa distribuire,.
Prende il pane e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti; lo stesso fece con i pesci. Tre verbi: prendere, rendere grazie, donare. Il Vangelo non parla di moltiplicazione ma di distribuzione che lui fa e ce ne fu “finché ne vollero”. È un pane che non finisce e lui chiede raccoglierne gli avanzi.
Nell’Evangelo vediamo poi le due letture che vengono date a questo miracolo: quella della folla e l’altra di Gesù. La folla si ferma al fatto che è stata sfamata e vuole fare re Gesù che, invece, compresa questa intenzione, si ritirò in disparte, tutto solo.
Qui c’è un preciso avvertimento per noi: non ci si deve fermare all’emozione che può darci un evento per quanto straordinario, che sembra risolvere tutti i problemi della nostra vita, ma a continuare a tenere fisso il nostro sguardo solo questo Signore che sta con noi e ci chiede di condividere e far nostro il suo modo di stare nel mondo (in Giovanni siamo vicini alla Pasqua ....)
È importante comprendere che i segni e i miracoli ci sono dati per imparare che, per la nostra vita, è fondamentalesolo questo Dio.
Filippo, presentando a Gesù i cinque pani d’orzo e due pesci, gli dice: “Ma che cosa è questo per tanta gente?” domanda che si potrebbe rileggere riferita a Gesù: “Che cosa è questo Dio che noi abbiamo potuto toccare e vedere, sappiamo tutto di lui e della sua famiglia? Ci sembra poca cosa per le esigenze così grandi come quelle della storia degli uomini!”.
Eppure questo Gesù ci chiede di guardare lui solo, perché solo in questo Dio a noi così vicino da sembrarci troppo umano, noi possiamo cogliere il suo disegno di salvezza per la nostra storia.
Dalla distribuzione (nell'Evangelo si parla di "distribuzione e non di "moltiplicazione) che fa Gesù (e non i discepoli), ne avanzano 12 ceste perché il pane che Gesù dona non è solo per i 5.000 presenti, ma è per tutti. Il pane che ci dona non è come la manna nel deserto a beneficio solo del popolo d’Israele, ma è un dono che rimane a disposizione per chiunque abbia fame e sete di lui.
Da questo Evangelo siamo invitati ad essere quella comunità che Marco ci ha delineato nelle domeniche precedenti, capace di fissare lo sguardo su Gesù, di porre la sua fiducia solo su di lui, a non considerare questo Dio troppo poco per la nostra storia, ma capire che questo Signore è capace di stare nella nostra realtà per sfamare, attraverso noi, tutti coloro che chiedono ancora oggi del pane. Non per portare la soluzione dei problemi dell’umanità, ma a indicarne la direzione. Noi siamo chiamati a fornire al mondo lievito più che pane, a fornire ideali, motivazioni per agire, il sogno che un altro mondo è possibile, partendo dal condividere quello che abbiamo anche se poco.
(BiGio)
Ringrazio l'autore di questo commento per la profondità, l'attenzione e la chiarezza nel commentare il Vangelo. Di questo abbiamo bisogno: il pane Gesù, il pane Parola e il pane commento che ci aiuta a gustare l'annuncio di oggi per ciascuno di noi e per tutti noi. GRAZIE per l'impegno, la fede e la preghiera che chi ha commentato mette a disposizione.
RispondiEliminaGrazie, illuminante come sempre
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