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La revisione della “riserva maschile” come segno dei tempi e il diaconato

La “riserva maschile” non è una invenzione della Chiesa. Una lunga cultura civile ha separato nettamente lo spazio pubblico dal sesso femminile. Ricordiamo che, fino a un centinaio di anni fa, era impossibile per una donna votare in occasione delle elezioni, diventare magistrato, suonare come strumentista nella Filarmonica di Berlino, diventare carabiniere o “mettere l’anello” al dito del marito durante il matrimonio. Quando parliamo di “riserva maschile” peschiamo in un immaginario culturale antico di secoli, che si radica nella nota definizione aristotelica della natura femminile come “mancanza di alcune qualità”, ripresa dalla visione della donna che “ex natura habet subjectionem” secondo S. Tommaso d’Aquino.

Anche la “venerabile tradizione” che riservava i ministeri ecclesiali ai “viri” è rimasta come un “non detto” per molti secoli della tradizione cristiana e cattolica, per esplicitarsi appieno solo nel CJC del 1917, mediante la indicazione del “vir” come condizione soggettiva della ordinazione.

Nel mondo del 1917 la “ordinazione sacerdotale” era guadagnata come “settimo grado” di un cursus che dopo la premessa della tonsura percorreva 7 livelli fino al sacerdozio. Già in Pietro Lombardo, nella Parigi di metà XII secolo, questa era la rappresentazione: dopo la tonsura inaugurale, si diventava ...

L'intera interessenza analisi di Andrea Grillo a questo link:

http://www.cittadellaeditrice.com/munera/la-revisione-della-riserva-maschile-come-segno-dei-tempi-e-il-diaconato/

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