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Mercoledì delle Ceneri: Mt 6,1-6.16-18

La Quaresima è la richiesta di mettere al centro la preghiera personale come ascolto del Padre attraverso le Scritture la cui volontà ci chiede di fare giustizia (“elemosina”) che si concretizza nel digiuno a lui gradito: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo"   "Dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i parenti"



Nell’Evangelo di oggi Gesù accenna per sette volte alla ricompensa riservata a chi si comporta secondo i suoi insegnamenti. Ma quale è il senso nel quale parla di “ricompensa”?

Nel vangelo si accenna spesso al “premio” riservato ai giusti e anche alla “punizione” dei malvagi: “Il figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (Mt 16,27) e si invita ad “accumulare tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano e non rubano” (Mt 6,20).

A prima vista questa forma di ricompensa ci sta bene: è perfettamente in sintonia con il nostro modo di intendere la “giustizia”, ma è conforme al vangelo? Gesù ha insegnato a donare la vita in modo gratuito e disinteressato. Ha senso allora agire in vista di un premio? Fare del bene per accumulare meriti non è forse ridurre la fede ad un rapporto commerciale?

La ricompensa cui Gesù si riferisce non è un posto in paradiso ma alla capacità di assomigliare sempre di più al Padre. Il “premio” è la stessa gioia di amare in modo gratuito, come fa Dio ed è l’appartenere già fin d’ora al suo “regno”.

In questa pericope sono tre le modalità che la Liturgia ci propone per avanzare in questa somiglianza: l’elemosina, la preghiera e il digiuno che da sempre fanno parte della spiritualità sia ebraica, sia poi cristiana.

 

Elemosina”, seppure il suo significato etimologico greco è molto bello (deriva da commuoversi, volontà di intervenire in favore di chi è nel bisogno) oggi è un termine percepito come vetusto, si preferisce parlare di solidarietà. È poi interessante come in ebraico questo termine non esista e si parli invece di tzedakáh  giustizia. È quindi un’agire per ristabilire una equità, non un far cadere dall’alto quello che ci avanza, perché “del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti” (Ps 24,1) che distribuisce a tutti in egual misura. Siamo noi che operiamo in modo non congruo alla sua volontà, quindi non c’è nulla da gloriarsi se condividiamo nella solidarietà qualcosa. S. Ambrogio diceva: “Ricordati che tu non elargisci del tuo al povero, ma gli restituisci soltanto ciò che gli è dovuto”.

 

Preghiera”. Gesù ci raccomanda di non sprecare le parole: “Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,8). Quindi insiste non tanto sulla preghiera liturgica alla quale anche lui è sempre rimasto fedele, ma su quella personale che è soprattutto ascolto della Scrittura, apertura del cuore per accogliere la volontà del Padre ed è questa la sua ricompensa.

 

Digiuno” che non serve affatto a scontare i peccati impietosendo il Signore che, in questo modo, allontanava i suoi castighi scongiurando le calamità. Ce lo hanno detto ripetutamente i profeti (Is 58,4-5: “È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?” e poi continua indicandoci quale sia il digiuno gradito a Dio: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?”. Anche Zaccaria (7 5-10), per citare solo un altro passo insiste: ““Praticare la giustizia e la fedeltà, esercitare la pietà e la misericordia ciascuno verso il suo prossimo. Non frodare la vedova, l’orfano, il pellegrino, il misero, non tramare il male contro il proprio fratello”.

 

Ecco allora quanto la Chiesa propone di far diventare prassi nell’intera nostra vita e lo fa con un invito pressante all’inizio della Quaresima: al centro la preghiera personale come ascolto del Padre attraverso le Scritture la cui volontà ci chiede di fare giustizia (“elemosina”) che si concretizza nel digiuno a lui gradito. Anche secondo il Pastore di Erma (un testo paleocristiano di genere apocalittico, composto nella prima metà del II secolo) lo propone con una modalità bella ed efficace: “Ecco come tu dovrai praticare il digiuno: durante il giorno di digiuno tu mangerai solo pane e acqua; poi calcolerai quanto avresti speso per il tuo cibo durante quel giorno e tu offrirai questo denaro a una vedova, a un orfano o a un povero; così tu ti priverai di qualche cosa affinché il tuo sacrificio serva a qualcuno per saziarsi. Egli pregherà per te il Signore. Se tu digiunerai in questo modo, il tuo sacrificio sarà gradito a Dio”.


(BiGio)

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