La pubblicazione dell’epistolario 1960-1969 è motivo per ricordare l’assoluta scelta in favore dei poveri del sacerdote morto sette anni fa. Lavorò fra i disagiati in Europa, America Latina e Africa
Un decennio latinoamericano – il primo di quasi cinque – incastonato dentro la vita di un uomo durata più d’un secolo, trascorsa parte in Europa e, per quasi la metà, in America Latina, fra Argentina, Cile, Perù, Venezuela, Brasile…, spesso testimone di eventi cruciali nella storia del ‘900. Lui, questo passeur attraverso due continenti – tre ricordando l’esperienza in Nord Africa - è Arturo Paoli: sacerdote e missionario dei Piccoli fratelli del Vangelo, predicatore e scrittore che ha anticipato e praticato la teologia della liberazione, sorta di icona della “Chiesa dei poveri” mancato a centodue anni a Lucca, sua città d’origine, il 13 luglio 2015. I dieci anni, invece, sono quelli dal 1960 al 1969, da lui vissuti per lo più sbriciolandosi fra Reconquista e Fortín Olmos, nel Nordest dell’Argentina, oltre che Buenos Aires: un periodo assai meno esplorato rispetto a quello precedente, in Italia, del periodo bellico e della ricostruzione, nonché del pontificato pacelliano. Dieci anni ora però raccontati grazie a 143 lettere inedite raccolte sotto il titolo Approdo in America Latina (Morcelliana, pagine 361, euro 35), che alzano il velo su tanto lavoro in quella terra dove era giunto – dopo un duplice allontanamento dall’Italia nel ’54 e nel ’59 – «con la sofferenza dell’esule».
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https://www.avvenire.it/agora/pagine/paoli-e-largentina-patria-del-cuore
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