Nell'anniversario dell'inizio della guerra in Ucraina e della Preghiera Ecumenica per la Pace a Mestre, il ricordo del giorno in cui il mondo disse no alla guerra

 Era il 15 febbraio 2003. In tutto il mondo milioni di persone scendevano in piazza contro la guerra in Iraq. Che cosa è rimasto oggi di quella stagione? Un partecipante a quella giornata lo racconta

Se ne cominciò a parlare nel gennaio 2002 al Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre durante un incontro delle campagne contro l’embargo all’Iraq. L’eventualità che su un Paese, già prostrato da 13 anni di embargo, si potesse abbattere un nuovo attacco militare mobilitava chi nel corso degli anni Novanta aveva contato a decine di migliaia le vittime per fame delle sanzioni certificate dall’Unicef e aveva ascoltato Madeleine Albright affermare: “ne vale la pena”. In Afghanistan i profughi della guerra al terrorismo erano già diversi milioni. Da anni i neocon del Project for a New American Century chiedevano di “finire il lavoro” iniziato da G.W. Bush con la Prima guerra del Golfo. Bush figlio, già dai primi giorni dopo l’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, aveva puntato l’indice contro l’Iraq e a fine gennaio aveva coniato la teoria del cosiddetto “Asse del male”. L’illusione che la fine del bipolarismo avrebbe aperto le porte a un periodo di pace non aveva più molti adepti, ma questa volta si parlava esplicitamente di Regime Change come obiettivo di una guerra. Si minavano alla base i fondamenti del diritto internazionale. Si apriva definitivamente la porta al ritorno della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali.


L'intero racconto a cura di Fabio Alberti a questo link:

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