La lettera inviata al Corriere della Sera di Silvia Stilli Presidente dell'AOI (Associazione delle ONG Italiane) è una chiara denuncia
A Roma alcune organizzazioni ambientaliste e impegnate sui diritti, e sulle diaspore africane, hanno organizzato durante i lavori della Conferenza iniziative pubbliche per presentare i propri posizionamenti sul partenariato Italia-Africa. Le reti delle organizzazioni sociali di cooperazione e solidarietà internazionali, le realtà sindacali e alcune piattaforme di diaspore avevano chiesto uno spazio per il mondo non governativo italiano e africano al fine di confrontarsi ed esprimersi tra loro e con la parte istituzionale: la presidenza del Consiglio, promotrice e organizzatrice dell’evento, non ha risposto.
La Conferenza è stata un’occasione perduta per valorizzare tante risorse in termini di patrimonio relazionale, progettuale e di buone pratiche di cooperazione per lo sviluppo sostenibile che il non profit privato italiano mette a valore del sistema, come ha più volte sottolineato il viceministro alla Cooperazione Internazionale del Maeci Edmondo Cirielli. La struttura del Summit non ha dato spazio utile neppure al mondo del profit e della ricerca. Provo a sintetizzare le principali questioni di interesse per il mondo non governativo rispetto al Piano Mattei.
Se veramente si vuole puntare a una cooperazione con l’Africa che sia «decolonizzata» occorre dare al popolo africano le vere opportunità per costruire uno sviluppo nel rispetto delle diversità geografiche e culturali, nell’affermazione del ruolo centrale delle sue comunità nel progettare economie e organizzazioni interne che ne garantiscano la sostenibilità. Occorre che le sintesi di indirizzo della cooperazione siano condivise non soltanto con chi governa gli Stati africani, spesso democrazie deboli oppure nuove dittature. In questa ottica il ruolo del non profit della cooperazione allo sviluppo è insostituibile per la presenza sul terreno.
Le organizzazioni sociali italiane da tempo sottolineano la priorità dell’educazione per sconfiggere la povertà, come base per la consapevolezza dei propri diritti e formazione civica e per una formazione professionale che garantisca acquisizione di competenze e lavoro dignitoso. Anche l’energia è un punto molto «attenzionato» dalle ong, che chiedono l’adozione di un approccio integrato tra risorse/approvvigionamento energetico e questioni climatiche per la sostenibilità dello sviluppo dell’Africa. Bisogna investire sulle energie rinnovabili da subito, basta con il fossile. In prevalenza i Governi mondiali immaginano ancora l’Africa come un grande bacino per estrarre materie prime e per l’uso delle sue risorse naturali, in cambio di una cooperazione basata sui trasferimenti di competenze tecnologiche.
Questa non è partnership. Per l’estrema povertà e dipendenza generata dallo sfruttamento condizionato dagli interessi delle multinazionali dell’economia, il popolo africano oggi non è in grado di implementare e valorizzare il know-how tecnologico se non vi sono investimenti negli aiuti primari e nella tutela delle risorse di questo grande continente. Servono aiuti per garantire una sicurezza alimentare basata sull’agroecologia in risposta alla fame, una salute di base e di prevenzione diffusa nelle comunità dei villaggi, educazione e formazione per tutti. L’Aps (Aiuto per lo sviluppo) mondiale è oggi fortemente insufficiente, lo ricorda il segretario generale Onu. La pari dignità che va affermata e consolidata nel partenariato con l’Africa non può essere una dichiarazione di principio. Per questo, come spiega in una lettera aperta la «Campagna 0,70», il Piano Mattei è un’occasione importante per la politica di cooperazione internazionale italiana solo e soltanto se viene costruita anche con l’apporto della società civile italiana ed africana. E se viene proposto non in sostituzione dell’Aps del nostro Paese, ma come risorsa aggiuntiva.
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