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V Domenica PA - Mc 1,29-39

Dall'infermità al servizio, ma c'è bisogno che qualcuno aiuti l'ammalato e un cammino da fare non sempre tutto in discesa: le resistenze sono molte e sono quelle "reti" che ci legano ad un vivere assuefatto e sottomesso.



Marco ci sta conducendo a scoprire chi sia Gesù con il racconto dell’inizio della sua missione: dall’invito nel suo primo annuncio a “credere nel Vangelo” a quello di diventare “pescatori di uomini” per aiutarli ad uscire da quel mare nel quale possono solo annegare ed entrare a far parte dei costruttori del Regno del Padre che oramai “si è fatto vicino”. È un qualcosa di urgente da fare “subito” senza tentennamenti.

Di questi se ne fa costante esperienza e il passare da una realtà ad un altro modo di vivere non è mai indolore. È faticoso liberarsi dalle reti del vivere tranquilli, assuefatti ad un tran-tran sottomesso e delegante: sono questi gli “spiriti impuri” che vanno tacitati subito altrimenti possono finire per ammaliare affossandoci nel mare dell’orgoglio, delle invidie, delle gelosie, dell’uso della forza che portano a compiere azioni indegne dell’umanità. Nessun uomo, nessuna realtà sociale, nemmeno quella ecclesiale ne è esente: il grano cresce sempre assieme alla gramigna.

Uscito dalla Sinagoga subito andò nella casa di Simone ed Andrea … la suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei”. 

Questo da un punto di vista è un “subito” interessato ma, se ci si pensa, si comprende che sotto c’è la precisa volontà di Marco di trametterci qualcosa di importante. Chiunque abbia la febbre alta, rimane bloccato a letto, ha bisogno di essere aiutato, è impossibilitato a svolgere i suoi usuali compiti. Soprattutto di essere attenti agli altri: sono quella trama di reti che dobbiamo abbandonare, lasciare per seguire e far nostra la vita di Cristo. Lo abbiamo appena visto fare da Simone ed Andrea, Giacomo e Giovanni che, tra l’altro, stavano rabberciando quelle reti che si stavano rompendo lasciando quello spazio nel quale si è inserito con la sua chiamata Gesù. 

Ma quelle reti, quei legacci non spariscono immediatamente. C’è un lungo non facile cammino di sequela da fare. È una malattia che rimane e sussiste anche all’interno della Comunità dei discepoli. Marco non ce lo nasconde anzi ce lo pone in evidenza quando, per esempio, ci racconta che discutevano tra di loro su chi fosse il più grande e Gesù riafferma di nuovo che “se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti” (Mc 9,34b). San Paolo insiste su questo punto: “Servitevi a vicenda gli uni gli altri. – e continua senza lasciare scampo - Questa è tutta la legge di Cristo” (Gal 5,13).

 

Di fronte al fatto che Simone ed Andrea gli parlano della “malattia”, la risposta di Gesù è il mostrare che cosa si deve fare: non avere paura, avvicinarsi, affiancarsi a chi ha bisogno, aiutarli a risollevarsi, ad uscire dal buco nero nel quale erano caduti; in altre parole “farsi prossimo”.

Infatti la suocera di Simone aiutata si alza (il verbo usato è quello della risurrezione), passa da una situazione di inutilità, di non vita, ad essere nuovamente capace di … aiutare; infatti si mette a servirli. È necessario fare attenzione al tempo verbale: non è un passato remoto che fissa un momento (“li servì”) ma in un imperfetto che indica una azioni che inizia e continua: “li serviva”. Se si guarisce realmente, se ci si libera dalle reti degli spiriti immondi, si cambia vita per sempre e al centro non sta più il nostro bisogno ma l’attenzione all’altro al quale fare altrettanto. Questo è un invito preciso di Gesù (Lc 10). Tutte le guarigioni da lui compiute sfociano nella dimostrazione che è accaduto davvero: chi inizia a mangiare, chi a camminare, chi a vedere; si riprende cioè a vivere in modo nuovo.

Dalla Sinagoga, alla casa di Simone/Pietro (cioè la Chiesa); da una donna che nelle Scritture ebraiche è l’immagine di Israele e in quelle cristiane è la figura della Comunità dei discepoli, all’intera umanità che, dopo il tramonto (quando cioè il Sabato è terminato), si accalca alla porta della Casa portando i malati. Come la suocera di Pietro ha avuto bisogno che Simone ed Andrea gliene parlassero a Gesù, così coloro che sono avvinghiati dalle reti della morte, hanno bisogno di qualcuno che, resosi conto delle loro difficoltà, si affianchi loro per condurli verso la possibilità di uscire dalla bolla di oscurità per venire alla luce del Regno, che si è fatto presente anche attraverso i loro accompagnatori.

 

La mattina dopo prima dell’alba Gesù si ritira in un luogo appartato a pregare. È la prima delle tre volte nelle quali Marco ce lo presenta in preghiera e tutte e tre le volte in una situazione di incomprensione e difficoltà dei discepoli: dopo la condivisione dei pani (per il pericolo di vedere in Gesù chi può risolvere i problemi sociali), nel Getsemani (per la difficoltà dei discepoli ad affrontare quel momento) e qui. Il pericolo è che i discepoli travisino quello che hanno visto come accade a Simone che lo va a cercare (a “braccare” ed è il verbo usato per descrivere gli egiziani quando vanno a cercare gli ebrei usciti dalla loro schiavitù e stanno per attraversare il mare) perché tutti premono a quella porta per avere altre guarigioni. È anche il nostro atteggiamento quando “bracchiamo” Dio perché risolva i nostri problemi, ma Lui non è a nostra esclusiva disposizione. Lui è venuto per tutti o, come afferma la traduzione letterale, è “uscito” (dal Padre) per predicare e scacciare i demoni ognidove e, infatti, si mette in cammino …

(BiGio)

 

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