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Dalla parte di Abele

Di fronte alla drammatica situazione in Medio Oriente, ci siamo incontrati come gruppo di evangelici italiani, appartenenti a diverse denominazioni protestanti, per riflettere insieme e intervenire pubblicamente. Quanto sta accadendo a Gaza, in questi mesi e in queste ore, è di una gravità inaudita 

La popolazione civile disarmata, in gran parte composta da bambini, donne e anziani, è fatta oggetto di strage da parte dell’esercito israeliano armato fino ai denti, con armi di ultima generazione di provenienza occidentale. In pochi mesi sono morti, a oggi secondo dati ONU, 35.000 palestinesi di cui 14.500 bambini e 9.500 donne. I feriti sono 78.000. La popolazione è allo stremo, privata – a causa del blocco imposto da Israele – persino dei soccorsi umanitari inviati da svariati paesi per sventare carestia ed epidemie. Così facendo l’odio sistematico cresce e si moltiplica fra chi sopravvive. A meno che, nell’intenzione del governo israeliano, non ci sia l’intento di una soluzione finale senza superstiti.

Proviamo orrore per la strage di Hamas del 7 ottobre, per la violenza cieca messa in atto contro la popolazione inerme. L’azione scellerata ha contribuito a fornire al governo di Netanyahu l’occasione per scatenare un’offensiva militare che potrebbe configurarsi come crimine di guerra, aggravando la condizione di minorità e di apartheid in cui versano i palestinesi....

La dichiarazione del Gruppo di Evangelici Italiani continua a questo link:

https://www.settimananews.it/ecumenismo-dialogo/dalla-parte-di-abele/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR1LRGJYBU0fGWndkyfLu1jcoLSJ62ehAZCdoDVOWU3GsjGNhP5Inj2XsYM_aem_AabYTfLASYETOCkhvF8t-WsxcYSYUFLMJwcs4mG8WLX0_-G3RWBynZgaIUcEw6xU9rMUMh651BC_NEJ1lBpcxq6a

I missionari di Haiti, vittime di una "tragica, inumana e assurda quotidianità"

La violenza dei gruppi armati haitiani è diventata più silenziosa, ma non si ferma: nell’ultima settimana altri tre missionari evangelici sono stati uccisi nella capitale Port-au-Prince. In questo contesto non manca, tuttavia, il coraggio della fede che, come dice Maddalena Boschetti, missionaria italiana nello Stato caraibico, ci aiuta “ad avere speranza e non paura” per il futuro


Non si ferma il clima di violenza ad Haiti che, dal 29 febbraio, è in mano a bande criminali che stanno sconvolgendo il Paese. “In un luogo di cui non si parla più da qualche tempo, forse per far pensare che le cose siano già state sistemate – spiega Maddalena Boschetti, missionaria italiana nello Stato caraibico - questa è la nostra tragica, inumana, assurda, anormale quotidianità”. Nell’ultima settimana sono stati uccisi tre missionari evangelici, di cui due americani, in modo estremamente violento nell’orfanotrofio di cui erano responsabili, a due passi dall’ospedale San Camillo, a La Plaine, nella capitale Port-au-Prince, davanti ai bambini da loro accolti.

L'articolo di Giulia Tutti continua a questo link:

La metà dimenticata

Ci infervoriamo di fronte alle discriminazioni di genere nella società civile ma per qualche motivo accettiamo e giustifichiamo il trattamento altrettanto violento riservato alle donne all’interno delle comunità ortodosse italiane. Il problema alla base di queste discriminazioni materiali – dalle differenti condizioni matrimoniali che penalizzano e a volte ingabbiano le donne che tentano di uscirne all’esclusione di queste dalle pratiche religiose – è lo stesso di qualsiasi altro sistema patriarcale. 

Nel mosaico di frammenti intravedo le teste coperte degli uomini della mia comunità che ondeggiano al ritmo dei canti. Infilo le dita ormai considerate adulte nei fori della mechitza lasciati scoperti come un dono per il mio sguardo amputato. Non mi è più possibile rannicchiarmi sotto la capanna di taledaccostati durante l’ultima berachà (benedizione) di Kippur. Ora che sono donna, ora che sono adulta non posso più scendere nel luogo della preghiera e farmi accompagnare nella comprensione dagli uomini della mia famiglia. Ho fatto il Bat Mitzvah e il mio nuovo ruolo si è consolidato, da poco agli occhi della mia comunità sono un’altra. Mi ci è voluto un po’ per comprendere cosa volesse dire questo “altra”. ...

L'interessante riflessione di Tali dello Strologo continua a questo link:

Giubileo significa il ritorno delle indulgenze ... è necessaria una rilettura seria

Quando si avvicina un Giubileo, scattano le abitudini, quelle buone e quelle meno buone. Tra di esse c’è il recupero dall’armadio dello scheletro delle indulgenze. 


Dico lo scheletro a ragion veduta. Non credo che sia giusto presentare la indulgenza come “un grande regalo” che riceviamo nel Giubileo. Non è così. Ma, proprio per le ragioni addotte fin qui, la indulgenza non è un “regalo”, ma il “condono di un debito”. Nessuno può vedere il regalo che riceve, se non sa di avere un debito. E la fede non basta da sola. Occorre la coscienza che la penitenza non si fa né solo né anzitutto nel confessionale. Ed è questo che oggi manca quasi del tutto.

Una serena rilettura della tradizione può farci comprendere che non si tratta di considerare “troppo mercantile” la visione rifiutata da Lutero per salvare una prassi del XIV secolo. Si tratta invece, non contro  Lutero, ma anche con il suo aiuto, di riscoprire che cosa significa “fare penitenza”. Per questa esperienza la ferialità penitenziale corrisponde alla festività della eucaristia, non della indulgenza.

La rilettura delle indulgenze di Andrea Grillo è a questo link:

https://www.cittadellaeditrice.com/munera/e-se-le-indulgenze-sono-senza-materia/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR02XKYbtkNuHlb8sonTuMgBqqNBBX59MSzicoyA2DTjGeMWPBwx39eC_mk_aem_ASsdKgeKK919ZgEcVBMUCRXU1EAPzmr1b7fluYSFXV7tRCLnhN0e2WoiIBP8dk4z96lBj0JsTzX7tQSq69mR44Gb

Il discernimento a prova di algoritmo

I sistemi algoritmici stanno trasformando il mondo nel quale l’uomo vive e stanno cambiando l’uomo stesso, il suo modo di relazionarsi con gli altri esseri umani e con l’ambiente circostante e la sua comprensione della realtà, andando ad influenzare il processo di discernimento che egli compie ogni volta che deve prendere decisioni per la sua vita.


Questa affermazione, però, non è pacificamente accolta da tutti e l’idea che gli algoritmi siano soltanto meri strumenti nelle mani dell’uomo è ancora molto forte. Questo pensiero ha radici molto profonde.
Nel quattordicesimo secolo Raimondo Lullo era convinto di poter risolvere qualunque problema attraverso la matematica, in quanto ogni proposizione può essere ridotta in termini complessi e questi ultimi in più termini semplici. Combinando i termini semplici in tutti i modi possibili si possono ottenere tutte le proposizioni vere pensabili: questa è l’arte combinatoria che fonda le basi del calcolo computazionale. Questo sogno di razionalizzazione della realtà portò a ritenere utile matematizzare ogni processo per dare a ciascuno di essi una rispettabilità maggiore di quella che altrimenti avrebbe avuto: ne deriva che i risultati ottenuti da questa procedura assumono una forte credibilità e legittimità. Con il veloce sviluppo dell’informatica e dei computer, alcuni iniziarono così ad affermare che ...

L'intera riflessione di Alessandro Picchiarelli continua a questo link:

Lea, Judith e Urs: in dialogo sul ruolo della donna nella chiesa...

Lea: che cosa posso pensare, come donna cattolica, degli ultimi decenni di sviluppo della dottrina sulla donna? Che cosa trovo se non finte valorizzazioni e continui blocchi? Perché mai c’è ancora tanta paura?


Judith: credo che la questione di fondo sia una sola: la chiesa cattolica non ha ancora superato l’idea che la rivelazione del Vangelo implichi una dottrina sulla donna, che imporrebbe una sua definizione personale, culturale e sociale, con ruoli, forme, inclusioni ed esclusioni predefinite e immutabili. Qui, secondo me, sta il cuore del problema.
Urs: tu pensi così perché non hai più chiari i principi che guidano la rivelazione. Il disegno di Dio, nella sua ricchezza, non sopporta questo “livellamento” della donna all’uomo e del carisma alla istituzione. La donna è superiore all’uomo, perché genera: non ha bisogno della autorità, perché ne custodisce il senso.

Il dialogo continua a questo link:

Self made religion

 “Non ci manca l’interesse per il sacro, ma non ci identifichiamo in una religione e nei suoi credenti”

“La religiosità è parte integrante della vita di ogni giorno, insita nella natura umana”; “sembra che molti giovani preferiscono non farsi domande e vivere come viene, ma io sono convinta che sia solo un’apparenza”. E ancora: “non ci manca l’interesse per il sacro, ma non ci identifichiamo in una religione e nei suoi credenti”; “io coltivo un rapporto individuale con una dimensione divina al di fuori di una religiosità tradizionale”.
Queste frasi, raccolte tra i miei studenti, sono alcuni dei tanti esempi che traducono i due atteggiamenti che, secondo me, dalla fine degli anni ’80 ad oggi, sono diventati sempre più diffusi ed evidenti in rapporto alla religione. Il primo è quello ...

La riflessione di Gilberto Borghi continua a questo link:

Addio all’ultimo ghiacciaio del Venezuela che diventa ufficialmente il primo Paese glacier free al mondo

Il Venezuela ospitava sei ghiacciai nella catena montuosa della Sierra Nevada de Mérida, a circa 5mila metri sul livello del mare. Cinque dei ghiacciai erano scomparsi nel 2011, lasciando solo il ghiacciaio Humboldt, noto anche come La Corona. È scomparso anche quello.

C’erano sei ghiacciai una volta in Venezuela, ma ora la maestosa catena montuosa della Sierra Nevada de Mérida è stata testimone dell’ultima rovinosa scomparsa: il ghiacciaio Humboldt, noto anche come La Corona, l’ultimo a soccombere alle estreme temperature da record.

Il Paese sudamericano dice così definitivamente addio ai ghiacci, segnando un capitolo senz’altro oscuro nella storia globale e il passaggio a un’altra epoca: la Corona, infatti, visibile in una immagine Copernicus Sentinel-2 acquisita il 14 febbraio 2024, si è sciolto rapidamente, restringendosi fino a un’estensione inferiore a 2 ettari. ...


L'articolo di Germana Carillo continua a questo link:


https://www.greenme.it/ambiente/clima/addio-allultimo-ghiacciaio-del-venezuela-che-diventa-ufficialmente-il-primo-paese-glacier-free-al-mondo-per-colpa-del-riscaldamento-globale/

Il comunicato CEI sull’autonomia differenziata inizialmente passato sotto silenzio e se ne capisce il perchè...

Pubblichiamo di seguito la nota sul tema dell’autonomia differenziata. Il testo, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente il 22 maggio nel corso dei lavori della 79ª Assemblea Generale, raccoglie e fa proprie le preoccupazioni emerse dall’Episcopato italiano.

Il Paese non crescerà se non insieme»[1]. Questa convinzione ha accompagnato, nel corso dei decenni, «il dovere e la volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese»[2]. È un fondamentale principio di unità e corresponsabilità, che invita a ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, di un progetto condiviso per il futuro.

Sono parole molto attuali anche oggi, in cui si discutono le modalità di attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, secondo quanto consentito dal dettato costituzionale. Ed è proprio la storia del Paese a dirci che non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune. ...


Il comunicato completo a questo link:


https://www.settimananews.it/vescovi/vescovi-italiani-autonomia-differenziata/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR3Lrn10mTAwemwEHiOhbNkRvBn4j1OEHcPKojcXrZkXD1I_hFi6RVYA734_aem_AaZTUnGXJBuoT0L6Cn6Orgu_AgdZOavP7pbJ2CZpLQJlWqaZS54RXtnmrnWa9LO-xyBh60Qm0d8EdoEpOBDFjHIg

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 26 maggio



 

Mt 28,16-20 - SS. Trinità

Dopo aver celebrato il compimento della Pasqua con la Pentecoste e il dono dello Spirito, la Liturgia ci fa riprendere il cammino con due feste: la SS. Trinità e il Corpus Domini volendoci così dire che non si deve mai dimenticare quale è il centro e l’obiettivo del nostro cammino: l’aderire a quell’agire del Padre che Gesù ci ha proposto di far nostro.


Dopo Gesù Dio non è più da cercare, ma da accogliere; non c’è più un cammino di ascesi da fare, un andare verso Dio, ma con Dio e come Dio andare verso l’umanità intera; con Gesù l’uomo non vive più per Dio, ma vive di Dio.

L’Evangelo di Matteo apre e chiude l’intero suo messaggio con il nome con il quale ci presenta Gesù nel primo capitolo, l’Emmanuele che significa il “Dio con noi” e lo conclude con l’assicurazione che Gesù dà ai discepoli: “Io sono con voi tutti i giorni”. Non solo ma c’è anche un preciso riferimento all’inizio e alla fine delle Scritture ebraiche: la Genesi e il secondo libro delle Cronache che si chiude con l’invito di Ciro al popolo d’Israele ad andare, tornare nella loro terra a costruire un tempio. È l’invito che anche Gesù fa con le sue ultime parole ad andare a costruire il Regno del Padre che lui ha iniziato ed usa 4 verbi.

Andate”: non sono più i popoli a dover andare a Gerusalemme, ma siamo noi a dover portare nel mondo intero il lieto annunzio del Regno di Dio.

Fate discepole tutte le genti”: i discepoli sono quelli che vivono accanto al loro Maestro per assimilare il suo modo d’essere e di agire, per poter così continuare la sua missione.

Battezzate tutte le genti” cioè immergetele nella vita di Dio e, infine, insegnate “a osservare tutto ciò che vi ho comandato”: non una serie di norme e riti, ma ad amare tutti e tutto come lui ha amato.

 

Non è indifferente sapere che quel “Io sono con voi” ricorre più 6.000 volte nelle Scritture Ebraiche fin dalla rivelazione del suo nome a Mosè, quel Tetragramma che normalmente viene tradotto con un “Io sono colui che sono…” lasciando aperta la domanda: “ma dove è?”. La risposta corretta è “…al tuo fianco”. 

Prima ancora, quando dal roveto ardente lo invia al Faraone, lo rassicura dicendogli di non temere perché “Io sarò con te” e poi anche a Giosuè, a Geremia e via via via … Poi si è fatta strada la convinzione di non dover pronunciare quel Nome e, questo, segna la distanza, il solco che si è un certo punto creato fra Dio e il suo popolo, ora colmato dall’incarnazione di Gesù tra gli uomini.

 

L’Evangelo di oggi inizia con i discepoli che vanno “sul monte che Gesù aveva loro indicato”. Non un monte qualsiasi, uno ben preciso; ma quale? È inutile fare ipotesi orografiche. È una immagine biblica: è il luogo dove si incontra Dio e la sua volontà. Nel libro di Matteo si incontrano tre monti: quello delle Beatitudini dove Gesù ci invita a condividere il suo stile di vita; quello della Trasfigurazione dove rivela la vertà sull’uomo al di là delle apparenze e richiede di saper guardare oltre. Il terzo monte è quello della moltiplicazione dei pani che desidera indicarci il senso e il disegno di Dio sui beni di questo mondo: sono da condividere, non da incamerare a dismisura impoverendo gli altri. È l’invito a comprendere che noi siamo degli amministratori, non dei padroni assoluti.

Vengono così descritti i caposaldi di un itinerario che siamo chiamati a compiere nella sua sequela, per poter essere quella presenza e rivelazione della presenza di Dio tra gli uomini; è il compito affidato alla Chiesa: l’essere presenza, “dimorare” accanto a tutti facendoci prossimi perché la presenza di Dio è narrata da una persona che si fa vicino gratuitamente.

Quella che accoglie questo invito è una comunità ferita, attraversata dallo scandalo di Giuda, da una incompleta e titubante comprensione di ciò che ha significato la sconfitta e la morte di croci di Gesù che ha confermato non essere quel “messia” vittorioso da loro ipotizzato. Una comunità scossa, vacillante, smarrita, minata nella fiducia reciproca, sorpresa dagli eventi che si sono succeduti con ritmo incalzante che li ha portati alla fuga e al rinnegamento di Pietro. Colgono però l’invito ad andare in Galilea seppur titubanti. 


È la nostra stessa esperienza di fede dove credere e non-credere coabitano. Matteo ha costantemente insistito che la fede dei discepoli, la nostra fede, è di breve durata, di fragile consistenza ed è solo l’obbedienza alla Parola rammentata che può dare un futuro, che può farci incontrare il Signore esercitando giorno dopo giorno l’arte di discernere la sua presenza sapendo che a Lui, non a noi, “è stato dato ogni potere”. La Comunità che si fa prossima, amando come lui ha amato, vive libera dalla tentazione del potere, da ogni potere che appartiene unicamente al Padre che si è fatto uno di noi e ci sostiene con il suo Spirito “fino alla fine dei giorni”.

(BiGio)

Fino alla fine del mondo

I discepoli nel loro andare incontreranno razze diverse, lingue sconosciute, culture insospettate. Non dovranno cercare di cambiarle. Diranno solo una parola essenziale: "Amatevi". Che si amino, con la ricchezza delle loro tradizioni, con l'originalità dei loro costumi e riti. I discepoli non trasferiscano la propria cultura ad altri popoli, non impongano i propri costumi e le proprie leggi: non predichino altra legge che quella dell'amore, che molti già praticano, in modi diversi, illuminati dalla propria spiritualità.

Ogni religione ha la sua concezione di Dio, che presenta attraverso immagini e simboli. 

I cristiani usano spesso un gesto simbolico che costituisce una sintesi essenziale della loro fede: il segno della Croce: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Ricorda il mistero dell'Unità e Trinità di Dio, e dell'Incarnazione e Pasqua di Gesù. La parola "Trinità" non si trova nel vangelo, ma il suo contenuto sì. 

 

Gli Undici discepoli ritornano in Galilea. Solo undici, perché uno si è perduto, simbolo del pericolo che correrà sempre ogni discepolo e ogni comunità. Ritornano nel luogo dove avevano sperimentato la seduzione della prima chiamata: "Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini". Avevano seguito Gesù con entusiasmo, anche se era costato loro molto riuscire a capirlo, e soprattutto, alla fine, superare il terribile trauma della sua morte in croce e riconoscere nel Crocifisso la pienezza della vita. 

Ora Gesù li convoca di nuovo in Galilea, sul monte delle Beatitudini, per affidare loro un'altra missione, molto più impegnativa: "Andate e fate discepoli tutti i popoli". Non dovranno tornare a Gerusalemme, centro del potere politico e religioso, che aveva crocifisso il Maestro. L'orizzonte ora è universale: "Tutti i popoli", senza alcuna discriminazione. Incontreranno razze diverse, lingue sconosciute, culture insospettate. Non dovranno cercare di cambiarle. Diranno solo una parola essenziale: "Amatevi". Che si amino, con la ricchezza delle loro tradizioni, con l'originalità dei loro costumi e riti. Si amino, e conoscano colui che per primo ci ha amati, Gesù, che ha dato la sua vita per amore. I discepoli non trasferiscano la propria cultura ad altri popoli, non impongano i propri costumi e le proprie leggi: non predichino altra legge che quella dell'amore, che molti già praticano, in modi diversi, illuminati dalla propria spiritualità.

E battezzino "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo": inondino il mondo con l'amore della Trinità santa, comunità d'amore che ci rende partecipi della sua vita divina, persone pienamente umanizzate.

Gesù aveva manifestato Dio come Padre. Avrebbe potuto parlare di Dio in mille altri modi, per indicare la presenza misteriosa e amorevole che anima tutta la creazione. Ha scelto l'immagine di Padre, il modo più semplice e comune per capire qualcosa di Dio, colui che dona la vita e ne ha cura, che si è fatto visibile e vicino in Gesù, per farci figli, riflesso del suo amore. 

Conosciamo il Padre attraverso Gesù. Altre forme di conoscenza di Dio possono essere legittime e utili. Dio stesso si è rivelato alla coscienza dei popoli in molti modi, ed è molto importante riconoscere, rispettare e valorizzare le diverse forme della sua rivelazione nell'esperienza umana e religiosa dei diversi popoli. Ma la rivelazione più piena e sicura è stata data in Gesù: guardare lui, aderire a lui, conoscere il suo insegnamento e realizzare il suo progetto di un’umanità giusta e fraterna è il modo più completo di vivere come figli ed entrare in comunione con il Padre.

E lo Spirito Santo, che è il sigillo di Dio nel cuore dell'uomo, è l'energia divina che ci rende capaci di partecipare alla condizione di figli e di seguire la via di Gesù, senza deviarci per altre strade, sedotti da altri spiriti.

È la conclusione del vangelo di Matteo, con quell'ultima dichiarazione di Gesù che ci rassicura: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La vita dei discepoli nel mondo non sarà facile. Conosceranno, come il Maestro, opposizione e persecuzione, a volte da parte dei loro stessi fratelli. Ma la certezza che Gesù, il "Dio con noi", li accompagnerà sempre, darà loro il coraggio necessario per affrontare tutte le difficoltà e perseverare fedelmente fino alla fine.

(Benardino Zanella)

Il dramma della solitudine nel paese che invecchia

Un uomo di settantasei anni, taxista in pensione, imbraccia il fucile e uccide la moglie sua coetanea sparandole in viso. Poi chiama il 112 e si fa arrestare. Lei malata da una ventina d'anni, lui esaurito e distrutto dal ruolo di infermiere tuttofare.


La prima reazione, nell'apprendere la tragica notizia, è quella di un senso di smarrimento e di compassione per una coppia che è vissuta insieme per quarantacinque anni. Oltre al dramma della malattia invalidante, questo è un dramma della solitudine. La coppia, senza figli, era probabilmente abituata a risolvere i problemi al proprio interno, senza chiedere aiuto, anche quelli più impegnativi come le cure quotidiane al partner per una grave malattia. Una condizione esistenziale difficile che si può reggere se accanto ci sono altre persone che possono dare una mano, sostituire qualche volta, aiutare psicologicamente in momenti di scoramento. ...

L'articolo di Anna Oliverio Ferraris continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202405/240516oliverioferraris.pdf

Il grande errore: identificare la fede con il rito

Aver identificato il rito con la fede: è questo il grande errore. Aver identificato il cammino di fede, che esige un cammino di conversione, un cambiamento di mentalità, con la partecipazione al rito: è stata questa la grande bestemmia che è stata prodotta e riprodotta nei secoli.


Un tempo ci credevano tutti – ci ho creduto anch’io-, nel senso che tutti pensavano che fosse proprio così. Secoli e secoli di messe domenicali, hanno fatto credere che per andare in paradiso, che rappresenta un altro grande problema d’interpretazione, bisognava andare a messa la domenica e, il non andarci, significava cadere in peccato mortale e, di conseguenza, la necessità di confessarsi per non rischiare di aggiungere peccati su peccati. Anche perché a quel tempo, che in realtà è l’altro ieri, di preti ce n’erano a bizzeffe, per lo meno in Occidente, nel continente cristiano.
I seminari erano pieni di bambini e di ragazzi, ed erano pieni perché ce li mandavano i genitori. Le numerose famiglie cattoliche regalavano volentieri alla chiesa un figlio maschio o una figlia al seminario o al convento. Il mondo era tutto cattolico ed avere in famiglia un prete o una suora era un onore e non una vergogna come ai nostri giorni.

Dicevo che c’erano tanti preti e, di conseguenza, era possibile un certo tipo di pastorale che...

La riflessione di Paolo Cugini continua a questo link:

https://www.viandanti.org/website/il-grande-errore-identificare-la-fede-con-il-rito/

Questi giovani d’oggi… risposta a Ultimo

Ci sono tanti giovani che ci credono ancora alla possibilità di rinvenire il senso e di spendersi per qualcosa, e sono questi a cambiare il mondo, un pezzetto alla volta. Personalmente ho la fortuna quotidiana di incontrarne, e forse anche il privilegio di contribuire a riaccendere in non pochi di loro la scintilla di desideri grandi e belli e veri. Ragazzi e ragazze che se lo bevono pure il vino con gli amici, come fa Ultimo con i suoi, ma che non fanno di questo l’alternativa a farsi carico del dovere di trovare la propria vocazione specifica ad amare


Domenica 19 maggio, mentre la Chiesa celebrava la Pentecoste, il giovane cantante Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, ha rilasciato un’intervista al “Corriere della Sera” circa la situazione a suo modo di vedere critica della “generazione z”, quella nata con uno schermo touch tra le mani, con il rischio di guerre e pandemie sullo sfondo del quotidiano e una rassegnata certezza circa le proprie possibilità economiche future – i ragazzi di oggi, insomma.
Non possiamo non condividere il punto di partenza del giovane cantante: “Essere giovani oggi è tremendo. Perché sei senza punti di riferimento.” E poi prosegue: “Non conosco nessun ragazzo della mia età che vada a votare, e nessuno che vada in chiesa”.
Nel corso dell’intervista, tuttavia, l’interesse di un lettore desideroso di capire e immedesimarsi nel punto di vista di un ragazzo che, secondo i parametri del mondo, “ce l’ha fatta” non può che scemare, e lasciare il posto a una certa delusione.

L'intera risposta di Alessandro Di Medio è a questo link:

Cala lo stress, colpito uno su 4, ma gli under 15 ne sono travolti

Quali categorie appaiono maggiormente sensibili allo stress oggi? Dal punto di vista anagrafico, questa condizione sembra caratterizzare soprattutto le persone più giovani. Lo stress, infatti, tende a farsi più insistente tra quanti hanno tra i 25 e i 44 anni (30-35%)

Nel linguaggio medico, lo stress è la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo (stressor) di qualsiasi natura. La definizione entrata pienamente nell’uso corrente, però, fa riferimento soprattutto alla tensione nervosa, al logorio e all’affaticamento psicofisico degli individui. In questa accezione, secondo i dati analizzati da Demos per Il Gazzettino, in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e provincia di Trento lo stress appare in calo, in generale: oggi, infatti, è un intervistato su quattro (25%) a dichiararsi frequentemente stressato nella vita di tutti i giorni. Se guardiamo alla serie storica dell’Osservatorio sul Nord Est, però, possiamo vedere che, rispetto ai valori registrati tra il 2007 e il 2008, quando la medesima condizione raggiungeva il 38-39%, il calo supera i 10 punti percentuali. 

L'analisi dei dati a cura di Natascia Porcellato continua a questo link:


Carlo Rovelli: Io non credente mi sento vicino al Papa e alla Chiesa

Il Papa è venuto in visita nella mia città. Con mio stupore, ne sono stato felice. Su queste pagine, questo apparirà forse come un commento banale. Non lo è per me: sono cresciuto guidato da valori che mi sembravano lontani da quelli della Chiesa.


Non sono mai stato credente, e non lo sono neanche oggi. Ma il mondo è cambiato, forse io sono cambiato, forse la Chiesa è cambiata, e oggi mi sento con stupore vicino alla Chiesa, alla sua guida morale, come non avrei mai creduto potesse diventare possibile. E credo, lo dico sottovoce, che siano oggi in molti, che erano molto lontani dalla Chiesa, a sentirsi così....

L'intero intervento di Carlo Rovelli è a questo link:

Il cammino sinodale della Chiesa cattolica in Italia, si passa alla fase profetica

Mentre si lavora alla prossima assemblea Sinodale della Chiesa Universale, anche con incontri come quello appena concluso con i parroci del mondo, in Italia si procede con le Assemblee sinodali della Chiesa locale.

La prima si svolge dal 15 al 17 novembre 2024 e la seconda dal 31 marzo al 4 aprile 2025.



Si conclude la "fase sapienziale" cioè il discernimento su quanto emerso nel biennio dedicato all’ascolto, si inizia a delineare quanto avverrà nella "fase profetica".

Cresce l'uso intelligenza artificiale nelle scuole: il 65% degli studenti la utilizza per i compiti

Chorst Klaus, uno dei fondatori della startup: "Non intendiamo demonizzare l'uso dell'IA- afferma ma promuoverne l'uso consapevole per contrastare l'ignoranza che potrebbe colpire i nostri ragazzi"


Nell'era digitale in cui viviamo, l'Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando ogni settore, compreso quello dell'istruzione. Una nuova ricerca ha messo in luce l'impatto sempre più rilevante che l'IA sta avendo sul modo in cui gli studenti italiani affrontano i compiti e la scrittura degli elaborati scolastici. La ricerca è stata condotta da Tgm Research per conto di NoPlagio (www.noplagio.it) la piattaforma internazionale di prevenzione del plagio, che ha lanciato in Italia qualche mese fa il nuovo servizio che riconosce un testo scritto con l'Intelligenza Artificiale (IA)....


L'articolo continua a questo link:


https://www.rainews.it/articoli/2024/05/giovani-cresce-intelligenza-artificiale-scuole-utilizzo-compiti-2c810ab5-176a-41a2-b7a9-5ce8031b0b3d.html


Africa Day, rivoluzione ed evoluzione del continente più giovane al mondo

I tanti volti di un territorio raccontato dai media italiani in modo marginale ed approssimativo, come dimostra un rapporto di Amref Italia. Il direttore Guglielmo Micucci: “I Paesi del G7 devono avere il coraggio di mettersi in ascolto di quei Paesi per creare un futuro più equo e condiviso”


C’è un’Africa delle migrazioni e c’è un’Africa dei giovani che lottano per il cambiamento, l’ambiente, la salute, l’arte e la cultura. Questa Africa dell’attivismo e della speranza resta ad oggi invisibile agli occhi dei media italiani che non raccontano la trasformazione in atto nel continente, un cambiamento profondo, inarrestabile e rivoluzionario, dove i protagonisti sono i ragazzi e le ragazze. È quanto emerge dalla V edizione de “l'Africa mediata”, il rapporto presentato a Roma lo scorso 23 maggio, curato dall’Osservatorio di Pavia per Amref, in vista dell’odierna Giornata dell’Africa, che ricorre ogni 25 maggio, anniversario della fondazione dell’Unione africana - allora Organizzazione dell’unità africana - il cui statuto fu siglato ad Addis Abeba il 25 maggio del 1963.

L'articolo di Giulia Mutti continua a questo link:

Il 19 maggio è stato l’Overshoot Day italiano: abbiamo già consumato tutte le risorse naturali del 2024

Non è possibile continuare così: per soddisfare tutti i consumi italiani servirebbero 4 Italie. E così oggi 19 maggio scatta l’Overshoot Day italiano, che segna la fine delle risorse naturali disponibili per il 2024 e l’inizio del nostro (ennesimo) debito con la Terra


Che cos’è l’Earth Overshoot Day?

Come spiega il Global Footprint Network, l’Earth Overshoot Day di un Paese è la data in cui cadrebbe l’Earth Overshoot Day se tutta l’umanità consumasse come le persone di quel Paese. I giorni di superamento di un Paese, pubblicati il 1° gennaio di ogni anno, si basano sui dati dell’anno precedente.
La data dell’Overshoot Day viene individuata dividendo la biocapacità del Pianeta (la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare in quell’anno), per l’impronta ecologica dell’umanità (la domanda dell’umanità per quell’anno) e poi moltiplicando per 365 (i giorni che compongono un anno).          
I dettagli dei conti nazionali ...

L'articolo di Roberta De Carolis continua a questo link:

https://www.greenme.it/ambiente/overshoot-day-italia-maggio-2024/

Gaza, nulla giustifica la carneficina. L’alternativa per l’ebraismo c’è e si chiama riconciliazione

Ci sono momenti in cui l’Angelo della Storia passa tra le case e guarda sugli stipiti delle porte se ci sono i segni di menti e cuori aperti oppure di animi chiusi in se stessi. In tutte le culture si trovano simili immagini che rivelano un passaggio cruciale. Thomas Friedman, editorialista del New York Times, ha descritto questa stagione in maniera precisa: “Trovo inquietante e deprimente che oggi non ci sia nessun leader israeliano di rilievo nella coalizione di governo, nell’opposizione o nelle forze armate che aiuti coerentemente gli israeliani a capire questa alternativa – ridursi a paria globali o essere partner in Medio Oriente – né che spieghi perché dovrebbero scegliere la seconda”.

L’alternativa è proprio questa. Non si tratta di passare sopra agli atti barbari compiuti il 7 ottobre durante l’attacco di Hamas – sono incancellabili – ma si tratta di comprendere che nulla, proprio nulla giustifica la brutale carneficina che da mesi è in corso a Gaza ad opera del governo e dell’esercito israeliano. L’odio di Hamas, il ruolo dell’Iran, gli assi del male, le storie sugli scudi umani, il richiamo all’autodifesa... tutto, ma proprio tutto sbiadisce dinanzi ai cadaveri di dodicimila bambini, al numero incredibile di trentaquattromila morti (24.000 identificati, gli altri ancora senza nome), agli ospedali bombardati, alla fame imposta sistematicamente alla popolazione di Gaza, al taglio di rifornimenti di medicinali.

In Medio Oriente coloro, che con la memoria vanno indietro sulle orme della storia, ricordano un solo esempio paragonabile al massacro di Gaza, con i palestinesi cacciati da un angolo all’altro come un branco di animali da sgozzare: la carneficina dei Mongoli a Baghdad nel 1258.

Il voto schiacciante con cui l’assemblea dell’Onu ha sostenuto il riconoscimento dello stato di Palestina e la misera pattuglia di chi si è schierato dalla parte del veto statunitense evidenzia il problema cruciale. Non ha senso ripercorrere il gomitolo degli ultimi settant’anni, le colpe reciproche, la tragedia delle vittime di entrambe le parti, occasioni perse o sabotate.

Ha senso solo ...

L'articolo di Marco Politi continua a questo link: 

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202405/240515politi.pdf

Il mondo haredi attraverso gli occhi della Knesset

Il mondo ebraico haredi è il meno conosciuto, eppure è il più riconoscibile. Gli uomini vestiti di nero, in camicia bianca, cappello in testa, due boccoli (peot) davanti alle orecchie. Qualche serie televisiva o documentario ne ha raccontato alcuni aspetti, ma su di loro regna molta confusione. 

Anche in Israele, dove rappresentano un quinto della popolazione e dove le tensioni con il resto della società non mancano. Oltre il 40% degli 1,28 milioni di haredi israeliani vive in due città: Gerusalemme e Bnei Brak, alla periferia di Tel Aviv. Percepita come un monolite, questa minoranza è divisa in diverse correnti, gruppi e sottogruppi.
«Per semplificare, i principali movimenti sono tre e sono quelli rappresentati alla Knesset, il Parlamento israeliano: i chassidim (chassid in ebraico significa “pio”) del partito Agudat Israel. Poi c’è Deghel HaTorah, il partito dei Litaim, corrente del movimento haredi ashkenazita. Terzo, il movimento sefardita rappresentato dal partito fondato dal rabbino Ovadia Yosef, lo Shas», spiega  Israel Cohen, giornalista della radio haredi Kol Brama. «I haredim sono uniti dal porre al centro della loro vita lo studio della Torah. Questa è il loro programma di vita, la fonte della loro protezione...

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