Ci infervoriamo di fronte alle discriminazioni di genere nella società civile ma per qualche motivo accettiamo e giustifichiamo il trattamento altrettanto violento riservato alle donne all’interno delle comunità ortodosse italiane. Il problema alla base di queste discriminazioni materiali – dalle differenti condizioni matrimoniali che penalizzano e a volte ingabbiano le donne che tentano di uscirne all’esclusione di queste dalle pratiche religiose – è lo stesso di qualsiasi altro sistema patriarcale.
Nel mosaico di frammenti intravedo le teste coperte degli uomini della mia comunità che ondeggiano al ritmo dei canti. Infilo le dita ormai considerate adulte nei fori della mechitza lasciati scoperti come un dono per il mio sguardo amputato. Non mi è più possibile rannicchiarmi sotto la capanna di taledaccostati durante l’ultima berachà (benedizione) di Kippur. Ora che sono donna, ora che sono adulta non posso più scendere nel luogo della preghiera e farmi accompagnare nella comprensione dagli uomini della mia famiglia. Ho fatto il Bat Mitzvah e il mio nuovo ruolo si è consolidato, da poco agli occhi della mia comunità sono un’altra. Mi ci è voluto un po’ per comprendere cosa volesse dire questo “altra”. ...
L'interessante riflessione di Tali dello Strologo continua a questo link:
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