Ogni religione ha la sua concezione di Dio, che presenta attraverso immagini e simboli.
I cristiani usano spesso un gesto simbolico che costituisce una sintesi essenziale della loro fede: il segno della Croce: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Ricorda il mistero dell'Unità e Trinità di Dio, e dell'Incarnazione e Pasqua di Gesù. La parola "Trinità" non si trova nel vangelo, ma il suo contenuto sì.
Gli Undici discepoli ritornano in Galilea. Solo undici, perché uno si è perduto, simbolo del pericolo che correrà sempre ogni discepolo e ogni comunità. Ritornano nel luogo dove avevano sperimentato la seduzione della prima chiamata: "Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini". Avevano seguito Gesù con entusiasmo, anche se era costato loro molto riuscire a capirlo, e soprattutto, alla fine, superare il terribile trauma della sua morte in croce e riconoscere nel Crocifisso la pienezza della vita.
Ora Gesù li convoca di nuovo in Galilea, sul monte delle Beatitudini, per affidare loro un'altra missione, molto più impegnativa: "Andate e fate discepoli tutti i popoli". Non dovranno tornare a Gerusalemme, centro del potere politico e religioso, che aveva crocifisso il Maestro. L'orizzonte ora è universale: "Tutti i popoli", senza alcuna discriminazione. Incontreranno razze diverse, lingue sconosciute, culture insospettate. Non dovranno cercare di cambiarle. Diranno solo una parola essenziale: "Amatevi". Che si amino, con la ricchezza delle loro tradizioni, con l'originalità dei loro costumi e riti. Si amino, e conoscano colui che per primo ci ha amati, Gesù, che ha dato la sua vita per amore. I discepoli non trasferiscano la propria cultura ad altri popoli, non impongano i propri costumi e le proprie leggi: non predichino altra legge che quella dell'amore, che molti già praticano, in modi diversi, illuminati dalla propria spiritualità.
E battezzino "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo": inondino il mondo con l'amore della Trinità santa, comunità d'amore che ci rende partecipi della sua vita divina, persone pienamente umanizzate.
Gesù aveva manifestato Dio come Padre. Avrebbe potuto parlare di Dio in mille altri modi, per indicare la presenza misteriosa e amorevole che anima tutta la creazione. Ha scelto l'immagine di Padre, il modo più semplice e comune per capire qualcosa di Dio, colui che dona la vita e ne ha cura, che si è fatto visibile e vicino in Gesù, per farci figli, riflesso del suo amore.
Conosciamo il Padre attraverso Gesù. Altre forme di conoscenza di Dio possono essere legittime e utili. Dio stesso si è rivelato alla coscienza dei popoli in molti modi, ed è molto importante riconoscere, rispettare e valorizzare le diverse forme della sua rivelazione nell'esperienza umana e religiosa dei diversi popoli. Ma la rivelazione più piena e sicura è stata data in Gesù: guardare lui, aderire a lui, conoscere il suo insegnamento e realizzare il suo progetto di un’umanità giusta e fraterna è il modo più completo di vivere come figli ed entrare in comunione con il Padre.
E lo Spirito Santo, che è il sigillo di Dio nel cuore dell'uomo, è l'energia divina che ci rende capaci di partecipare alla condizione di figli e di seguire la via di Gesù, senza deviarci per altre strade, sedotti da altri spiriti.
È la conclusione del vangelo di Matteo, con quell'ultima dichiarazione di Gesù che ci rassicura: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La vita dei discepoli nel mondo non sarà facile. Conosceranno, come il Maestro, opposizione e persecuzione, a volte da parte dei loro stessi fratelli. Ma la certezza che Gesù, il "Dio con noi", li accompagnerà sempre, darà loro il coraggio necessario per affrontare tutte le difficoltà e perseverare fedelmente fino alla fine.
(Benardino Zanella)
Nessun commento:
Posta un commento