L’israeliana, 77 anni, ha lavorato a Gaza e oggi aiuta i palestinesi della Cisgiordania. Ha dedicato la vita a promuovere la pace ma dal 7 ottobre prova un forte senso di solitudine.
Per Erella Dunayevsky descrivere l’occupazione è facile: significa limitare la libertà di un altro individuo. La libertà di muoversi, di decidere cosa mangiare, di crescere ed educare i propri figli. Cioè quello che fa il suo paese ai palestinesi e ciò contro cui lei si batte da decenni. Per questo, da decenni, lavora per aiutare israeliani e palestinesi a conoscersi. L’ha fatto e lo fa in Cisgiordania, e l’ha fatto anche a Gaza, dove ha lavorato tra il 1998 e il 2000 per aiutare i bambini a convivere con il trauma dell’esposizione alla violenza. Ricorda il titolo di quell’iniziativa, era: “La trasformazione del dolore”. Era a Gaza per aiutare i più giovani a trasformare la sofferenza in energia costruttiva «per non rimanere una vittima, per insegnare loro e imparare con loro a fare qualcosa della sofferenza. Renderla un processo attivo ma non distruttivo». Racconta il suo impegno come una semina quotidiana, un lavoro «fuori dai radar», individuale. ...
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