Dopo la festa di Cristo Re che ha chiuso riassumendo l’intero percorso dell’anno liturgico concluso la scorsa domenica, come sempre la liturgia riprende il suo cammino da dove l’aveva lasciato e, dopo averci fatto riflettere sugli sconvolgimenti sociali e cosmici, fattoci scoprire che siamo chiamati a non preoccuparci del futuro ma a vivere il presente per essere la lieta notizia nel nostro oggi, ci invita a continuare così e ci incoraggia ad essere attenti e riconoscere i segni dei tempi.
Gesù descrive la sua e la nostra realtà, paragonandola a quella del Diluvio usando quattro verbi “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito” di per sé potrebbero descrivere una situazione standard di vita ma anche un tran-tran sottotono che potrebbe sottintendere, come diciamo oggi, un ripiegamento nel privato disinteressandosi di quanto accade attorno a noi.
Nella tradizione giudaica la generazione che fu sommersa dal diluvio è vista in modo molto critico: relazioni sessuali corrotte fino allo scambio dei rispettivi coniugi o l’accoppiamento con animali. Questa situazione ibrida era chiaramente uno sconvolgimento nell’ordine della creazione che dovette essere purificata dall’acqua del diluvio per poter giungere ad un nuovo inizio secondo la volontà di Dio. Quindi se non si vuole correre nuovamente quel pericolo, è necessario rimanere vigilanti e non addormentarsi a causa delle pesantezze della vita. Rimanere svegli e pronti nell’attesa del giorno nel quale verrà il Signore.
È una minaccia? No, assolutamente perché prima di tutto ci sta l’annuncio della fedeltà di Dio e in seguito vi è l’invito alla vigilanza. Prima c’è la sua promessa (“Il Figlio dell’uomo verrà!”) e l’affermazione che si compirà certamente (“Egli viene!”), seguita solo dopo dall’esortazione a non lasciarsi andare, ma a rimanere sempre presenti a quanto accade (“Vegliate!”).
Non si conosce né il giorno né l’ora della venuta del Figlio dell’uomo e quando questo avverrà “due uomini saranno nel campo: uno portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata”. Casualità? No, affatto. Anche nel racconto del diluvio c’è chi si è salvato: Noè, i suoi famigliari con gli animali che ha portato con sé. Anche loro “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito” ma si salvarono perché erano attenti a quanto stava avvenendo e hanno saputo cogliere ed accogliere l’invito del Signore a salvarsi attraverso l’opera delle loro mani: la costruzione dell’arca.
Riallacciandosi ai messaggi delle ultime domeniche, Dio ci parla nella e attraverso la nostra vita non facendo proclami, roboanti apparizioni; ce l’ha detto chiaramente: “anche se vedessero risuscitare un morto …” perché se siamo ripiegati e attenti solo a difendere il nostro status quo, se siamo solo capaci di essere concentrati e diligenti nello svolgere le nostre mansioni, preoccupati del futuro ma disattenti a quanto ci accade attorno, non saremo capaci di cogliere l’appello che ci viene dalla storia. Un invito a entrare in rapporto sinergico con lui e così vivere già oggi in noi anticipazioni della sua vita che è eterna come salvati.
Salvati da cosa? Dall’egoismo, dal considerare la nostra realtà l’unico nostro bene da difendere e preservare, dal non saper ascoltare il grido del povero, del sofferente, del migrante, dell’umiliato, dell’offeso, dell’oppresso. Sta a noi costruire quell’arca di pace dentro la quale tutti questi possono trovare rifugio e consolazione, rinforzare le loro membra stanche o denutrite, sfibrate dalla guerra come dalla durezza di un cammino senza fine come in quei ‘game’ che si vivono alle frontiere nel tentativo di superarle e continuamente essere ricacciati indietro.
Il Signore di nuovo oggi ci dice che noi siamo fatti per vegliare sugli altri, per custodire e far crescere lo spazio dell’accoglienza: la loro salvezza è nelle nostre mani come la nostre nella loro. Allora si comprenderà come il vegliare non è un obbligo ma una esigenza, senza temere quello che sta accadendo nel mondo che è il luogo privilegiato nel quale il Signore ci parla e che trasformerà in definitivo (eterno!) ogni germe di amore che sapremo spargere nelle piccole scelte di ogni giorno: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà”, ma verrà e ci incontrerà nel nostro qui e ora: sta a noi essere portati via o lasciati qui; dipenderà da cosa saremo preoccupati o occupati a fare. Come nella parabola delle 10 vergini che erano in attesa dello sposo: 5 previdenti (pre-vedere, vedere prima) entrarono con lo sposo, le altre rimasero fuori dalla sala delle nozze.
L’Avvento è anche questo invito: l’avere e il mantenere sempre accesa quella lampada che ci permette di rimanere svegli e attenti al Signore che viene.
(BiGio)
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