Sbalorditi dall'annuncio, chiamati a non lasciarsi terrorizzare ma a dare testimonianza

I discepoli erano rimasti sbalorditi dall’annuncio di Gesù sulla distruzione del tempio (“non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”, Lc 21,6), e volevano conoscerne il tempo: “Quando accadranno queste cose?” (Lc 21,7). Rispondendo a questa domanda, Gesù mette in guardia i suoi discepoli dal lasciarsi condizionare dal terrore della storia: non devono “essere terrorizzati” (Lc 21,9) per gli eventi che avvengono, ma devono scorgere in essi l’occasione per dare testimonianza.


Non ci si deve stupire della persecuzione. Ci saranno persecuzioni dei cristiani, divisioni interne alle famiglie a causa dell’appartenenza al Cristo (“sarete odiati da tutti a causa del mio nome”, v. 17). Forse Luca allude a situazioni che si sono già verificate: per esempio il martirio di Stefano (cf. At 6,8-8,2), il quale parlava con una “sapienza” alla quale i suoi avversari “non potevano resistere” (At 6,10). Allo stesso modo i discepoli del Signore possono attraversare la prova senza temere di perdersi, di sprofondare nella confusione e nell’insensatezza, se restano saldamente ancorati alla promessa di Gesù. “Neppure un capello del vostro capo andrà perduto” (v. 18): non necessariamente la sicurezza dell’incolumità fisica, ma la certezza di non essere abbandonati nello smarrimento e nella sofferenza a causa del vangelo.

Il termine martyrion, “testimonianza”, è accompagnato nel greco dal pronome “per voi”, riferita ai discepoli: ne verrà “per voi” una testimonianza. Nei passi paralleli di Marco e Matteo la testimonianza invece è “per loro”, cioè per i persecutori e gli increduli: “Sarete condotti davanti a re a causa mia in testimonianza per loro” (Mc 13,9; cf. Mt 10,18). In Matteo e Marco la persecuzione è un atto di accusa per gli avversari; in Luca la persecuzione si trasforma in una testimonianza davanti a Dio a favore dei discepoli, in cui è il vangelo stesso a manifestarsi. Proprio per questo non devono “preparare in anticipo la difesa” (v. 14): Gesù stesso, il Risorto glorificato, si farà loro testimone davanti al Padre, e annunciatore, attraverso la loro bocca, della parola del vangelo.

La conclusione della pericope riguarda ancora direttamente i discepoli: “Con la vostra perseveranza acquistate le vostre anime!” (cf. v. 19). Luca aveva utilizzato il sostantivo hypomonè, “perseveranza, costanza”, nella spiegazione della parabola del seminatore (cf. Lc 8,15): la perseveranza si opponeva ai tranelli del diavolo, alle tentazioni e alle preoccupazioni sorte dalla mondanità; qui si contrappone alla prova della persecuzione. Questa fatica del perseverare diventa una moneta preziosa con cui i cristiani possono acquistare la propria vita (in greco psyché, “anima”), entrare nella salvezza preparata da Dio. Certo la salvezza non è alla portata dell’uomo, ma è un dono di Dio: acquistare la propria vita significa allora diventare pienamente consapevoli del dono della vita che Dio fa gratuitamente, ma a sua volta questa consapevolezza richiede il caro prezzo che ci associa alla stessa vita e morte e resurrezione del Signore. Allora lo conosceremo veramente, avendo sperimentato qualcosa del suo essere perseguitato e riprovato dagli uomini.

Non aveva forse detto Gesù stesso: “Chi vuole salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita a causa mia, questi la salverà?” (Lc 9,24-25).

(Fr Adalberto di Bose) 

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