La Festa della Madonna della Salute nella riflessione di Marco Ce'

Io vorrei che Gesù fosse l'unico vero protagonista della nostra festa: "non voglio conoscere altri che lui e lui crocefisso” (1Cor 2,2), perché il mondo ha bisogno di lui. Se la Chiesa non conduce a lui, non mostra lui con umiltà e mitezza, proprio non avrebbe niente da dire che non dicano anche tanti altri.


La festa della Madonna della Salute può essere letta in molti modi. Certo essa è il simbolo di una stagione di sofferenza: ma è anche una profezia di un mondo nuovo animato dalle energie della risurrezione. In uno dei salmi delle ascensioni, i pellegrini ebrei così cantavano salendo a Gerusalemme "a te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli … i nostri occhi sono rivolti al Signore, nostro Dio, finché abbia pietà di noi. Pietà di noi, Signore, pietà di noi" (Ps 123).

È il lamento di un popolo di poveri che alza il suo grido di dolore, come gli ebrei nel deserto, da Dio solo aspettando la salvezza. Nello stesso tempo, questa convenire la salute di tanti uomini e donne, e la profezia di un mondo nuovo dove popoli diversi, ricchi e poveri, uomini e donne di religione di razza differenti, si incontrino nel segno dell'accoglienza solidale e della pace.

Se unisco il testo di Isaia evocato nella festa della Salute al Vangelo delle nozze di Cana, io trovo quella profezia che cerco faticosamente, ascoltando la notte nel deserto che stiamo attraversando. Le nozze di Cana sono una festa della vita. Essa però rischia di trasformarsi in un pianto di umiliazioni e di mortificazione, perché è venuto a mancare il vino: è l'immagine di un mondo che ha bisogno di essere salvato perché non può salvarci da solo; il mondo dei peccatori, delle prostitute, di chi cerca la verità e non sa dove stia, dei poveri, di coloro che patiscono ingiustizia e violenza, dei migranti. È il nostro mondo. Una umanità ferita, una massa dannata direbbe Sant'Agostino.

Però in questa massa dannata, in queste nozze che non sono nozze ma orgia di umiliazioni dell'uomo e di lacrime, c'è Gesù. C'è la donna (mistero grande!) Che gli dice: "figlio, non hanno più vino". Così "il lamento simultaneo in danza e la veste di sacco in abito di gioia", perché tutti possiamo cantare senza fine l'inno dei salvati (Ps 30). 

A Cana c'è il Gesù della Pasqua: "l'ora" a cui egli fa riferimento è quella Pasquale, "la gloria" che egli manifesta è quella che rifugge dalla croce. A Cana c'è quel Gesù che la gente, lo sappia non lo sappia, vieni a cercare qui alla Salute. Quel Gesù che io vorrei fosse l'unico vero protagonista della nostra festa: "non voglio conoscere altri che lui e lui crocefisso” (1Cor 2,2), perché il mondo ha bisogno di lui. Se la Chiesa non conduce a lui, non mostra lui con umiltà e mitezza, proprio non avrebbe niente da dire che non dicano anche tanti altri.

(Marco Ce’)

 

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