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La pace impossibile con la realpolitik dei potenti

“La guerra non cesserà mai se non si afferra il ramo di palma che solo una potenza spirituale può porgere. Sangue scorrerà sull’Europa finché le nazioni non si accorgeranno di quella loro terribile follia che le fa muovere in un circolo vizioso”. Lo scriveva Novalis (alias Friedrich von Hardenberg, 1772-1801) al volgere del secolo dei Lumi, nel 1799. Non aveva nemmeno trent’anni, e sarebbe morto senza compierli: ma lo pseudonimo che si era dato, e che richiama nuove terre ancora da dissodare, oggi ci pare perfetto per il ragazzo visionario della primavera romantica di Jena.


Quel suo saggio, La Cristianità o l’Europa, che in altre stagioni avremmo letto con tutta la diffidenza che ogni ostinato illuminista prova per la nostalgia romantica, oggilo illumina la voce di questo papa che si ostina a manifestare una volontà di pacificazione in nome della giustizia e della pietà (non di un deserto chiamato pace, non di una pace a qualunque condizione). Guardava avanti e non indietro, il ragazzo di Jena. Perché evidentemente bisogna alzare il punto di vista da cui si guarda il mondo, per vedere ciò che i poveri di spirito vedono benissimo, e i potenti della terra no. Solo questo significa “una potenza spirituale”, per quel ragazzo visionario che volava già oltre l’epopea prima liberatrice e poi truce e sanguinaria delle Nazioni. Era già più vicino all’”Europa ovvero filosofia” dei grandi visionari del secolo scorso, quelli che per “Europa” intendevano non un continente ma un’idea. Europa come civiltà che si dissemina, fondata sull’umanesimo e la ragione pratica, capace di rinunciare a ogni radice identitaria pur di accoglierle tutte entro i vincoli del diritto e dei diritti umani.

Certo, era necessario a questo scopo smantellare, di questa stirpe che siamo di rane pensanti e gracidanti intorno allo stagno del Mediterraneo (Platone), tutta la millenaria superbia, e denunciare tutta l’inumana ferocia dispiegata nei secoli della modernità, fra le dichiarazioni dei valori più universali e le immense rapine coloniali. Denunciare l’enorme contraddizione fra i principi e le azioni, come i philosophes, gli artisti, i pensatori hanno sempre fatto, da Bologna a Oxford, da Salamanca a Heidelberg, da Parigi a New York: e più intensamente negli ultimi tre quarti di secolo. Questo e nient’altro è una “potenza spirituale”, quella che genera costantemente, insieme, critica, pensiero e pietà. Bulgakov – il grande ucraino di lingua russa, uno dei più illuminati scrittori del Novecento, lo vide con gli occhi sghembi del suo Mefisto, Woland che di spirito ne ha parecchio: vide Ponzio Pilato, lo scettico e tormentato Quinto Procuratore della Giudea, che da duemila anni si sveglia ogni notte di luna piena con l’emicrania, e disperatamente anela a continuare quella conversazione sulla verità cominciata con Yeshua Ha-Nosri, il pazzo e mite “filosofo” condannato a morte dalla folla inferocita, il giorno 14 del mese primaverile di Nizan.

L'intero articolo di Roberta De Monticelli a questo link:

http://www.libertaegiustizia.it/2022/10/19/la-pace-impossibile-con-la-realpolitik-dei-potenti/



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