La preghiera di suffragio della Chiesa si “appoggia”, per così dire, sulla preghiera di Gesù stesso: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io” (Gv 17,24). Gesù si riferisce ai suoi discepoli, in particolare agli Apostoli, che sono accanto a Lui durante l’Ultima Cena.
Ma la preghiera del Signore si estende a tutti i discepoli di tutti i tempi. Poco prima, infatti, aveva detto: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me” (Gv 17,20). Possiamo ugualmente intendere che Egli chieda al Padre di poter avere con sé, nella dimora della sua gloria eterna, tutti i discepoli morti nel segno della fede. “Quelli che mi hai dato”: è questa una bella definizione del cristiano come tale, ma ovviamente la si può applicare in modo particolare a quanti Dio Padre ha eletto tra i fedeli per destinarli a seguire più da vicino il suo Figlio.
Alla luce di queste parole del Signore, il nostro pensiero in questo momento va, a tutti i defunti per cui offriamo le nostre Eucaristie, in questo mese in particolare, e durante tutto l’anno. Sono uomini e donne che il Padre “ha dato” a Cristo. Li ha chiamati a diventare amici di Gesù. Questa è stata la grazia più preziosa di tutta la loro vita. Sono stati certamente persone con caratteristiche diverse, ma ognuno nella sua unicità ci ha rammentato il volto di Dio; molti hanno avuto in comune la cosa più grande: l’amicizia con il Signore Gesù.
Durante l’esistenza nel tempo Gesù ha fatto loro conoscere il nome di Dio, ammettendoli a partecipare all’amore della Santissima Trinità. L’amore del Padre per il Figlio è entrato in essi, e così la Persona stessa del Figlio, in virtù dello Spirito Santo, ha dimorato in ciascuno di loro (cfr Gv 17,26): un’esperienza di comunione divina che tende per sua natura ad occupare l’intera esistenza, per trasfigurarla e prepararla alla gloria della vita eterna. Ne siamo certi in virtù della Risurrezione di Cristo, “Vita che vince la Morte per sempre”.
Di fronte a questa realtà, l’essere umano di ogni epoca cerca uno spiraglio di luce che faccia sperare, che parli ancora di vita, e anche la visita alle tombe esprime questo desiderio. Ma come rispondiamo noi cristiani alla questione della morte? Rispondiamo con la fede in Dio, con uno sguardo di solida speranza che si fonda sulla Morte e Risurrezione di Gesù Cristo.
Allora la morte apre alla vita, a quella eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo. La fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un’idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle sue mani, nel suo amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che Egli ha creato e redento, con l’intera creazione.
La nostra speranza allora riposa sull’amore di Dio che risplende nella Croce di Cristo e che fa risuonare nel cuore le parole di Gesù al buon ladrone: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Questa è la vita giunta alla sua pienezza: quella in Dio; una vita che noi ora possiamo soltanto intravvedere come si scorge il cielo sereno attraverso la nebbia. Ogni volta che partecipiamo alla Comunione durante la Messa ci uniamo con loro che sono nella Vita del Padre.
Crediamolo sempre.
(Fabiano Longoni .
dal Foglietto della SS. Trinità)
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