Le parabole ebraiche di Gesù: peccati da perdonare o smarrimenti da riconciliare? (1/2)

Una lettura ebraica delle parabole di Gesù ne evidenzia ancora una volta la caretteristica di narrazioni che sfidano, provocano, condannano e divertono.

Uno dei libri più sorprendenti che mi sia mai capitato di leggere è senz’altro Le parabole di Gesù – I racconti enigmatici di un rabbi controverso (ed. Effatà). L’autrice si chiama Amy-Jill Levine, ebrea ortodossa, docente di Nuovo Testamento all’università di Vanderbilt (Tennessee, USA), membro del comitato di redazione di Donne Chiesa Mondo, supplemento dell’Osservatore Romano, e visiting professor al Pontificio Istituto Biblico di Roma.
La domanda di partenza della sua ricerca, apparentemente innocua e quasi ovvia, è: come comprendevano le parabole di Gesù i suoi ascoltatori del I sec. d.C.? Avevano sicuramente un contesto culturale diverso dal nostro, il quale – per altro – è stato in parte formato proprio dalle categorie di pensiero introdotte dal messaggio di Cristo, così come è stato compreso e cristallizzato nei secoli. Chi ascoltava Gesù per la prima volta necessariamente possedeva un altro background e a partire da quello attribuiva significati alle “storie” raccontate da lui.
Fin qui tutto liscio, no? Bene, allora proviamo a seguire l’analisi che la Levine fa di queste storie, e vediamo cosa ne viene fuori. Cominciamo da una delle più famose, quella che per secoli è stata intitolata ...



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