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Un’eucaristia meno formale e più relazionale

Nell’epoca post-cristiana, in cui le chiese si svuotano, è ancora possibile proporre una riflessione sull’Eucarestia? La fede e la liturgia possono incontrare uomini e donne di oggi e di domani solo se riescono a dialogare con loro “per la strada”, cioè nei contesti concreti dove si svolgono le loro vite e dove nascono le loro domande di senso e il loro bisogno di conforto e speranza. Il saggio di Paolo Cugini L’Eucarestia domani. Inculturazione e inclusività della liturgia (Cantalupa, TO, Effatà 2023), pertanto, si propone il disvelamento dell’autentico tesoro d’amore che Gesù ha nascosto nelle parole dell’ultima cena (p. 7).

A differenza dei sinottici, il Vangelo di Giovanni non rappresenta la benedizione sul pane e sul vino, fatta da Gesù durante l’ultima cena, ma la scena della lavanda dei piedi, che porta alla luce il profondo significato dell’Eucarestia: essa si configura come una coerente scelta di amore che Gesù fa “fino alla fine” invitandoci a seguire il suo esempio. Ricevere l’Eucarestia vuol dire rendere proprio questo sguardo di misericordia che alimenta l’impulso verso il servizio vicendevole. Non si tratta del “premio dei perfetti”, ma del nutrimento per continuare il viaggio, senza abbattersi di fronte alle difficoltà, e prendersi cura gli uni degli altri. Di conseguenza, non può che rivolgersi a tutti e tutte, in un abbraccio di inclusione cui sono ispirate pagine meravigliose (pp. 47-59): Gesù intendeva demolire la “religione del Tempio” con i suoi pregiudizi e i suoi privilegi per mettere al centro l’ascolto delle persone e la loro ricerca di amore.

 

Ormai nessuno può più credere o praticare una fede come precetto, ma solo per una sincera motivazione etica e spirituale. È giunto il momento che la fede perda la sua connotazione metafisica per diventare ermeneutica della vita in cui il soggetto umano sia pienamente ascoltato, coinvolto, liberato. Ma per questo è necessario che la liturgia sia attenta alla vita concreta del presente, valorizzando la comunità dei credenti come popolo di Dio: è, di fatto, il messaggio del Concilio Vaticano II. 



L'intervento di Antonio De Caro continua a questo link:


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