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Fiumi di coca e fabbriche di nuove droghe così le narcomafie si prendono l'Ucraina

Yanina Sokolova, celebre presentatrice tv ucraina, ha postato su Facebook tutto il dolore dei soldati: il corpo amputato di un ferito in guerra, malconcio, pieno di traumi fisici e lesioni. «Sente male h24, 7 giorni su 7 – ha scritto –. Che male terribile. Gli oppiacei che deve prendere continuamente per sopravvivere danneggiano cuore e stomaco e hanno effetti collaterali. Cannabis terapeutica per Bakaliuk e per gli altri soldati. Votate, per favore, votate». L'appello ha avuto seguito, ma non ce n'era bisogno.

Pochi giorni fa, la Verchovna Rada, il parlamento ucraino, ha ratificato d'urgenza, per ora in prima lettura, una legge per legalizzare la marijuana per scopi terapeutici, per alleviare le terribili sofferenze di militari e civili sconvolti dal conflitto. Solo due anni fa, in tempo di pace, la proposta era stata respinta. Ma ora, non si può morire di spasmi, la sofferenza di un Paese aggredito, va sedata.

La guerra in Ucraina ha sconvolto il mondo, e come effetti economici collaterali anche i traffici mondiali della droga. Pensiamo alle rotte della cannabis, della cocaina, così come a quelle delle nuove sostanze psicoattive (Nps), che prima partivano dalla Russia, dall'Afghanistan, dai Balcani, e ancora dal Sudamerica verso il porto di Odessa: il conflitto nel mezzo dell'Europa orientale ha atrofizzato i tradizionali canali illegali di transito che i trafficanti utilizzavano fino al 24 febbraio 2022. Con la chiusura del porto di Odessa, ad esempio, che era il principale scalo marittimo per il business della droga nel Mar Nero, e con la militarizzazione massiccia della regione, e ancora con la pressione ai confini, i flussi si sono presto riorganizzati. Per soddisfare la crescente domanda da Est, e continuare a garantire le richieste dei Paesi dell'Europa occidentale, non certo calate. ...

L'articolo di Letizia Tortello continua a questo link:

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