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XIII Domenica PA - Mt 10,37-42

Il messaggio di questo brano del vangelo è molto, molto chiaro: nessun legame, Gesù ha bisogno di persone libere. Nessun legame neanche con Dio, perché Dio non assorbe l'uomo, ma lo potenzia, Dio non lega le persone a sé, ma le libera, Dio non ci trattiene, ma ci spinge ad andare con lui e come lui incontro all'umanità

Oggi la liturgia ci propone l’ultima parte del discorso missionario che Gesù ha rivolto ai suoi discepoli e sul quale stiamo riflettendo da due domeniche, dopo che li ha inviati ad annunciare che nel mondo era giunto il regno di Dio e ha detto loro di non aspettarsi accoglienze trionfali perché il messaggio inquieterà coloro che detengono il potere, sia quello politico sia quello religioso. Non bisogna pero che si irretiscano e, soprattutto, che si lascino prendere dalla paura, ma li ha invitati ad avere fiducia nel Padre che sarà sempre al loro fianco. La loro coerenza senza timore alcuno li renderà riconoscibili a tutti come suoi discepoli e, quindi, anche a lui e al Padre.

Questa domenica ad una lettura superficiale il Signore ci sorprende e ci pare irriconoscibile, il suo volto non è solo deciso ma duro; è forse geloso dei nostri rapporti familiari quando afferma “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me. Chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me”? Non basta più porre al centro della propria vita gli altri e i loro bisogni, essere capaci di farsi dono gratuito e servizio? È vero che quando si rivelato ha subito messo le cose in chiaro affermando di essere un Dio “geloso” (Es 20,5), ma poco dopo ci ha invitato ad amare ed onorare i genitori (Es 20,12). Ora non si pone in contraddizione con sé stesso?
In realtà fin dall’inizio della storia della salvezza, fin dall’Esodo, il rapporto che ci ha proposto non è basato su di una sudditanza, ma sull’accoglienza libera del suo amore e, oggi, non fa altro che riaffermare questo. Invita ad avere rapporti “liberi” a partire tra quelli tra moglie e marito, tra genitori e figli. Anche da noi non sono passati molti i decenni dai quali c’era un potere indiscusso del marito sulla moglie, del padre sui figli. Ma anche oggi questo si riscontra in tanti rapporti fatti di un “amore” che non “libera” e offre la possibilità all’altro di realizzare compiutamente l’identità alla quale è chiamato. Le violenze fino all’omicidio della “propria” donna che cos’è se non questo? O le famiglie che non lasciano i figli “liberi” di scegliere la loro strada e cercano di tenerli legati a sé stessi spesso ricorrendo anche al ricatto affettivo. Questo si riscontra facilmente anche nelle istituzioni e, senza andar lontano, a partire da quella ecclesiale dove spesso il ministero è vissuto come potere piuttosto che come servizio; lega, chiede deleghe in bianco, non permette si sviluppino i carismi di ciascuno se non li soffoca esplicitamente.
Gesù vuole un discepolo che sia libero da ogni vincolo se non quello di accogliere il suo messaggio e di viverlo fino in fondo come lui lo ha vissuto. Questo significa quel “prendere la propria croce” e seguirlo; non significa accettare le “croci”, i dolori, le malattie, i percorsi impervi che ciascuno di noi incrocia costantemente nella propria vita. Siamo stati abituati a pensare che questi siano la “volontà del Signore” da accettare passivamente. Nulla di tutto questo. “Prendere la propria croce” è l’invito a farsi coraggio e a prendere la propria vita nelle proprie mani, liberandosi dai lacci e lacciuoli che possono imbrigliarla, da ogni condizionamento possibile, per seguire e portare avanti il messaggio del Signore della Vita che è la ricompensa che ci aspetta. Non sarà certo un ampio sentiero in discesa o una grande porta spalancata (Mt 7,13.23). Se, invece, si rimane ripiegati nelle proprie sicurezze, alla fine non stringeremo nulla tra le nostre mani.
È rinfrescante il versetto finale: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”. I discepoli sono dei “piccoli”.  Il termine greco è micron, significa invisibile, quindi far parte del gruppo dei discepoli di Gesù può significare essere nulla nella società, forse anche emarginati, fino ad essere rigettati perché si sono rifiutate le convenzioni sociali e si è accettato di prendere la propria vita, la propria croce, nelle proprie mani senza lasciare che altri la guidino dove vogliono loro. Però a chi avrà dato a costoro “da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca” che è tuttora nei climi caldi il segno di ospitalità e di accoglienza, la ricompensa sarà la presenza stessa al loro fianco di Gesù e del Padre. 

Il messaggio di questo brano del vangelo è molto, molto chiaro: nessun legame, Gesù ha bisogno di persone libere. Nessun legame neanche con Dio, perché Dio non assorbe l'uomo, ma lo potenzia, Dio non lega le persone a sé, ma le libera, Dio non ci trattiene, ma ci spinge ad andare con lui e come lui incontro all'umanità per annunciare che il suo Regno è già tra di noi e chiedere sorpresi "ma come, non ve ne accorgete?" (Is 43,16)

(BiGio)


 

 

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