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Le due immoralità. Sui compiti del Dicastero per la dottrina della fede

Una breve riflessione sui nuovi compiti del Dicastero per la dottrina della fede alle prese con il superamento di due diverse immoralità


Una lettera che accompagna la nomina di un nuovo Prefetto è già un fatto singolare. Se poi nella lettera il Vescovo di Roma esprime giudizi molto netti sui limiti di una gestione “censoria” del Dicastero e chiede di inagurare un altro stile, allora molte cose sono destinate a cambiare. Ha colpito molto una frase della lettera, che riporto subito

“Il Dicastero che presiederai in altri tempi ha usato metodi immorali. Erano tempi in cui più che promuovere il sapere teologico si perseguivano possibili errori dottrinali. Quello che mi aspetto da voi è sicuramente qualcosa di molto diverso.”

Vorrei brevemente considerare come questa frase arrivi da decenni in cui la migliore teologia postconciliare aveva chiesto di modificare profondamente il modo con cui prima il Santo Ufficio, e poi la Congregazione per la dottrina della fede, hanno svolto il compito di “custodire la fede”. Per molti secoli, a partire dall’età moderna, ogni stato si era dotato di un organo di controllo del sapere. Non solo la Chiesa aveva un Santo Ufficio. Ma con l’avvento del mondo tardo moderno e con il nascere della società liberale e aperta, in tutti gli stati è scomparso sia l’Indice dei libri proibiti, sia l’organo di custodia del sapere corretto. Solo la Chiesa lo ha conservato fino ad oggi. Dietro a questi organi di governo sta l’idea che la “libertà di coscienza” sia un peccato. 

L'intera riflessione di Andrea Grillo a questo link:


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