È cosa nota che la festa di Pesach celebra la liberazione degli ebrei dall’Egitto. Se è chiaro da cosa sono stati liberati, la domanda che ci si può porre è: sono liberi di fare cosa? Liberi di essere chi? Di stare dove?
La libertà dalla schiavitù egiziana figura nel primo dei Dieci Comandamenti: “Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitù” (Es. 20:2; Deut. 5:6).Nel quarto comandamento, quello sull’osservanza dello Shabbat, è scritto: “Il settimo giorno è Shabbat per il Signore tuo Dio, non potrai fare alcuna opera né tu, né tuo figlio né tua figlia, né il tuo servo né la tua serva (…) in modo che il tuo servo e la tua serva possano riposare come tu stesso, e ti ricorderai che schiavo fosti in terra d’Egitto e il Signore tuo Dio ti fece uscire da là con mano forte e braccio disteso” (Deut. 5:12-15). Numerosi sono i precetti della Torah che traggono la loro motivazione dall’uscita dall’Egitto, o per differenziarsi dai comportamenti e gli usi egiziani o per la consapevolezza che gli ebrei acquisirono vivendo in quel paese (per esempio, la condizione di straniero). Se è chiaro da cosa siamo stati liberati, la domanda che ci si può porre è: Siamo liberi di fare cosa? Liberi di essere chi? Di stare dove?
La riflessione di Rav Gianfranco Di Segni continua a questo link:
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