Se obiettivo del Sinodo è sviluppare le forme di sinodalità a tutti i livelli, il nodo è la struttura gerarchica e clericale. Quali soluzioni si prospettano?
Sì, il nodo da sciogliere per uno sviluppo della sinodalità è questo: comporre la corresponsabilità dei fedeli con l’autorità del pastore. La questione non è superficiale, perché è in gioco il sacramento dell’Ordine, dal quale il vescovo e il parroco ricevono i carismi del loro ministero, fra i quali anche quello della guida della comunità, dotata in alcuni ambiti di una responsabilità esclusiva e quindi di autorità.
È un sacramento, non una designazione burocratica, a fare di un cristiano un diacono o un prete o un vescovo ed è dal sacramento dell’Ordine che egli deriva il carisma di un annunciatore del Vangelo non come ogni altro fedele, ma come garante dell'autenticità della fede, col ruolo di una guida della comunità dotata di autorità e col compito di presiedere la celebrazione dell’Eucarestia. È per fede e con fede che la comunità riconosce il ruolo del suo pastore. L’Ordine ha come sua radice biblica la figura dei dodici apostoli, a cui Gesù ha affidato la testimonianza su di lui e il suo messaggio e, quindi di guida della Chiesa. Dai Vangeli viene l’immagine delle chiavi del Regno, della capacità di legare e sciogliere, cioè di prendere decisioni, quindi una vera e propria autorità nel guidare la comunità: “Chi ascolta voi - diceva Gesù agli Apostoli -ascolta a me”. Ciò non toglie che ci siano materie su cui si devono prendere delle decisioni per la vita della comunità, per le quali non è necessario l’esercizio dell’autorità derivata dal sacramento....
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