Athenagoras: "Perché lei ha molto amato. Perché lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui"

Ieri 7 luglio è stato l'anniversario della morte del patriarca ecumenico di Costantinopoli Athenagoras (25 marzo 1886 - 7 luglio 1972). Consacrato vescovo, presiedette la diocesi di Corfù e, in seguito, fu nominato arcivescovo dei greco-ortodossi negli Stati Uniti d’America. La sua elezione a patriarca ecumenico di Costantinopoli nel 1948 contribuì in modo determinante all’avvicinamento tra le confessioni cristiane. L’adesione degli ortodossi al Consiglio ecumenico delle chiese, la partecipazione di osservatori delle chiese ortodosse al Concilio Vaticano II, la preparazione di un sinodo pan-ortodosso, la cancellazione delle reciproche scomuniche tra Roma e Costantinopoli, gli storici incontri con papa Paolo VI, furono i gesti dell’ardente desiderio di unità che lo animava. 

Il passo del vangelo di Giovanni proposto per la liturgia odierna che lo ricorda (Gv 17,15-26) è tratto dalla preghiera di Gesù al Padre subito dopo le parole di addio rivolte ai discepoli e prima della sua passione e morte. Gesù prega per i suoi discepoli e per tutti quelli che, raggiunti dalla testimonianza e dalle parole dei discepoli, crederanno in lui, metteranno la loro fiducia in lui. Più volte in pochi versetti ricorre il termine “mondo” che nel vangelo di Giovanni indica l’umanità che si oppone a Dio e rifiuta Gesù Cristo e il suo vangelo, ma non è intrinsecamente malvagia, resta aperta a un ripensamento, a un cambiamento, alla conversione. “Non prego che tu li tolga dal mondo … Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”; “Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo”. Il cristiano non è separato e isolato dal mondo, è inviato ad annunciare con la propria vita il vangelo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Questo è il segno che i cristiani dovrebbero offrire al mondo: un segno di unità e di pace. La divisione tra le diverse chiese è uno scandalo, è disobbedienza alla volontà del Signore che ha pregato “perché tutti siano uno” (Gv 17,11.21). Il cammino ecumenico, la ricerca dell’unità tra i cristiani non è dettata dal desiderio di sentirsi più forti nei confronti del mondo, a volte ostile come lo è stato con Gesù (cfr. Gv 7,7); questo è lo scopo dell’unità, dice Gesù: “che il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). L’amore tra cristiani dovrebbe testimoniare l’amore che Dio ha per gli uomini. ) Scriveva il patriarca Athenagoras: “Abbiamo fatto della chiesa un’organizzazione fra tante altre. Tutte le nostre energie sono state spese a organizzarla e ora si spendono a farla funzionare. E funziona più o meno, piuttosto meno che più, ma funziona. Soltanto funziona come una macchina e non come la vita!”. Citando l’episodio della donna adultera di Gv 8 commentava: “Perché lei ha molto amato. Perché lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui”. E ancora: “Ci vuole un rinnovamento che fiorisca un po’ dappertutto nel mondo cristiano. Ma io credo che la condizione principale, basilare, non possa essere che l’unione dei cristiani, chiamati a uscire insieme nel mondo per porsi a servizio dell’uomo. Poco per volta la fiducia viene a sostituire la paura e il disprezzo che così a lungo hanno dominato tra le chiese, o meglio all’interno della chiesa, o meglio all’interno della chiesa di Cristo, poiché non esiste che una sola chiesa”.

(sr Lisa di Bose)



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