Ci sono dei termini che abitualmente usiamo come sinonimi se non come parole magiche, veri e propri talismani portafortuna come, per esempio: salvezza, redenzione, giustificazione per fede. Parole che in Paolo e nei sinottici hanno un retroterra a noi ancora oggi sconosciuto nonostante gli strumenti ci siano ma, per lo più vengono ignorati anche nella formazione al presbiterato.
In un post pubblicato il 2 luglio si sono sintetizzati i due grandi movimenti prevalenti: l’enochismo e le Scritture di Mosè, ovvero la teologia della misericordia e la teologia del Patto (vedi a questo link: https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2022/07/vedevo-satana-cadere-dal-cielo-come-un.html).
I sinottici e, con loro, il primitivo gruppo di seguaci di Gesù, nella cornice della teologia mosaica inseriscono molti elementi di quella della misericordia. Paolo continua quest’opera ed è importante conoscerne i retroterra per non cadere nelle incomprensioni che hanno causato anche tanti guai come, per esempio, la teoria della sostituzione. Quest’ultima affonda le sue radici in una errata comprensione della teologia dell’Apostolo delle Genti, quando gli si fa dire che la “giustificazione per fede” è indirizzata indiscriminatamente a tutti; quindi rende inutile il Patto, l’Alleanza e con questa l’ebraismo.
In realtà Paolo, seguendo Gesù, afferma che la giustificazione per fede non è per tutti ma per i “peccatori”; infatti in tutti i sinottici Gesù afferma che non è venuto per i sani, ma per i malati (Mt 9,9-13; Mc 2,13-17; Lc 5,27-32), che possono essere sia tra i giudei che tra le genti, ponendo grande enfasi sulla possibilità del perdono offerto alla fine dei tempi.
Il “Libro della Parabole” di Enoc (che non fa parte del nostro canone ma, per esempio, lo è in quello copto-etiope), è il testo chiave per comprendere come in Paolo la “giustificazione per fede” non significa automaticamente “salvezza per fede” nel Giudizio Finale, bensì “perdono per fede” nell’imminenza del Giudizio Finale, quando Dio giudicherà ciascuno secondo le proprie opere; Giudizio che all’epoca veniva pensato imminente. Essere perdonati (= resi giusti, giustificati) non garantisce nulla se non c’è un vero capovolgimento nella vita, lasciando le opere del male per seguire la volontà di Dio che è giustizia e misericordia.
Gesù non sostituisce né la Torah, né la Legge Naturale ma, a queste, “aggiunge” il suo messaggio come una ulteriore possibilità, dono di perdono ai peccatori da parte del Padre nel Figlio. La fine dei tempi sarà il momento del confronto decisivo tra il Messia (Gesù) e il “dio di questo mondo” (il satan). Questa visione, in sostanza, è l’incontro tra apocalittica e messianismo sul quale Paolo segue e perfeziona l’intuizione di Gesù trasmessaci dai sinottici.
In altre parole Gesù non è né via di salvezza offerta a tutta l’umanità, né una seconda via offerta ai gentili accanto alla Torah data agli ebrei. È piuttosto la via di salvezza offerta a tutti i peccatori – ebrei e gentili – che, “sotto il dominio del peccato” (Rm 3,9), non sono riusciti a vivere secondo la Torah o la Legge Naturale che Dio nella sua misericordia ha dato rispettivamente agli ebrei e ai gentili, come vie efficaci di salvezza per i giusti. Questi ultimi, nel linguaggio evangelico prima ricordato, sono coloro che, grazie a quelle due strade, sono già “sani”; non hanno quindi bisogno dell’intervento di nessun medico (Gesù) per guarire. Al centro di ciascuna di queste tre vie c’è sempre la misericordia del Padre che è inclusiva e mai esclusiva.
Gesù è allora dono per i peccatori, perché tutti possano essere salvati. I giusti (ebrei e gentili) lo saranno grazie alla loro esistenza vissuta secondo la Torah, la Legge Naturale e loro buone azioni; mentre, nell’imminenza della fine (che è questo nostro tempo), ai peccatori (sia ebrei, sia gentili) viene offerta la straordinaria opportunità di pentirsi e essere giustificati in Cristo dalla misericordia di Dio, indipendentemente dalla sua giustizia. In altre parole, Gesù chiederà al Padre di chiudere un occhio sui loro peccati perché si sono pentiti mettendosi alla sua sequela.
In estrema sintesi: quando Paolo annuncia ai peccatori la giustificazione (cioè il perdono dei peccati passati) mediante la fede, non predica due percorsi separati per la salvezza (uno per gli ebrei, uno per i gentili), ma piuttosto tre: i giusti ebrei hanno la Torah; i giusti gentili hanno la loro coscienza; i peccatori, le pecore perdute della casa d’Israele e quelle delle nazioni cadute senza speranza sotto il dominio del male, hanno il Cristo al cui perdono potersi fiduciosamente affidare ed essere così riscattati (=redenti) dal dominio dei satan ed essere così salvati dal castigo del Giudizio dell’ultimo Giorno.
(BiGio)
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