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“Non possiamo mangiare carbone, non possiamo bere petrolio”. La lotta del movimento ambientalista africano contro la crisi climatica

Decine di capi di bestiame scivolano veloci trasportati dalla forte corrente. Cercano di tenere la testa fuori da quella massa melmosa che li trascina via. Nei loro occhi il terrore. Si tratta di un breve documento filmato che racconta tutto lo strazio e le conseguenze delle forti piogge e inondazioni che lo scorso 3 agosto hanno colpito il distretto di Mbale, regione orientale dell’Uganda;: si vede un fiume di fango che trascina via tutto, animali compresi..

Le piogge hanno provocato anche una serie di smottamenti dalle pendici del monte Elgon. Danni enormi. Sommerse case, strade e aree coltivate. In migliaia sono ora senza tetto e non si sa cosa mangeranno nei prossimi mesi. Decine le vittime. Sono eventi tutt’altro che rari, ormai.



A postare sui social quei pochi intensi secondi che testimoniano una tragedia, è Edwin Namakanga, giovane attivista ugandese: Vorrei che si comprendesse che siamo in piena emergenza e che abbiamo bisogno di intervenire ora. La minaccia è imminente. Quello che posso fare è usare la mia voce perché si metta in moto un cambiamento positivo e sostenibile per tutti”, ci dice. “Negli ultimi anni - continua - abbiamo assistito a devastanti inondazioni che hanno spazzato via i raccolti, le case e molti vi hanno perso la vita. Poi, abbiamo assistito alla siccità prolungata che ha distrutto i raccolti nella parte settentrionale del paese, all'innalzamento del livello del lago Vittoria che ha costretto tantissime persone ad abbandonare le loro case, alle frane nella regione orientale. E ancora, alla deforestazione delle foreste native dove investitori stranieri hanno deciso di avviare la monocoltura della canna da zucchero. Una scelta che sconvolge l'ecosistema e danneggia la fauna selvatica”. 

Edwin è uno di quei tanti, tantissimi giovani africani che negli ultimi anni, hanno deciso di prendere la parola, di alzarsi da soli, di smettere di aspettare che siano i leader a fare qualcosa, a prendere le decisioni giuste. Smettere di delegare. Come tanti, Edwin ci ha confidato che osservare quanto gli accadeva intorno lo ha portato a domandarsi: cosa fare? La vera spinta ad agire è stato l’esempio di due donne, due giovanissime donne: Greta Thunberg e Vanessa Nakate, anche lei ugandese. Diventata “famosa” quando, nel 2019, decise di manifestare, tutta sola, davanti al parlamento a Kampala. Nel 2020 partecipò al Forum mondiale di Davos e fu in quell’occasione che si comprese non solo il carattere e la misura della giovane attivista ma il modo in cui l’Occidente continua a considerare il continente africano. Dalla foto di gruppo - scattata dalla Associated Press - delle principali attiviste che avevano preso parte ai lavori di Davos, lei – unica nera - venne tagliata. La sua risposta, netta e dirompente non si fece aspettare: “Non avete solo cancellato una foto. Avete cancellato un intero continente”.

(Antonella Sinopoli)



 

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