L’umiltà è il purificarsi dall' ‘io’ arrogante, prepotente, violatore, per aprirsi alla civiltà dei volti, dove ogni volto viene rispettato, amato, accarezzato.
“Non darti arie davanti al re
e non metterti al posto dei grandi,
perché è meglio sentirsi dire: ‘Sali quassù’,
piuttosto che essere umiliato davanti a uno più importante” (Pr 25,6-7).
Certo non si tratta di questioni di bon ton né di precedenze nel galateo di tavola; Gesù qui ha di mira la postura fondamentale dell’uomo interiore, come ricorderà altrove: “Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole” (Lc 16,15). Il Maestro di Nazaret smaschera, con le sue parole, quell’orgoglio che riposa su una sfrontata sicurezza di sé, quella presuntuosa certezza che ci fa credere di essere nel giusto, sia davanti a Dio sia nei rapporti interpersonali.
È Dio stesso che ribalta le nostre priorità, che ci fa scendere dai divani dei primi posti, per ritrovare quell’umiltà che è prossimità alla terra, all’humus, al basso, un’umiltà cui si accede a volte solo a prezzo dell’umiliazione: “Hai umiliato ciò che è alto e hai innalzato ciò che è umile” (Ez 21,31 LXX).
“Credo fermamente anche io – ha scritto don Angelo Casati – che l’umiltà sia la prima porta che si deve attraversare se vogliamo davvero iniziare un cammino di resurrezione: se parliamo di un viaggio e tutta la nostra vita è viaggio, bisogna sentire di avere dentro uno spazio non prepotente. Colui che si illude di possedere tutto, o di sapere tutto, non si mette in viaggio: è tanto pieno di sé stesso che non ne sente l’esigenza e, se anche lo facesse, non ne riceverebbe niente, non godrebbe di questo cammino.
Parte invece chi è in ricerca, chi conosce anche il suo vuoto, la sua piccolezza. È questa coscienza del vuoto buono che accompagna il mio viaggio. Lo chiamo ‘buono’ perché mi permette di camminare, è anzi, il segreto del cammino: in genere il vuoto noi lo percepiamo come qualcosa di negativo o di minaccioso; invece la coscienza del vuoto, che è poi la coscienza della propria fragilità e piccolezza, è una consapevolezza buona, che consente di proseguire il cammino e di andare avanti, di scoprire la bellezza e la bontà delle cose che scorgi per la via, di trovare compagni di viaggio.
Credo che l’umiltà sia proprio il purificarci da questo ‘io’ arrogante, prepotente, violatore, aprendoci alla civiltà dei volti, dove ogni volto viene rispettato, amato, accarezzato.
L’umile mette la sua grandezza nell’amore verso le cose buone e sostanziose, non nell’esibire sé stesso e la sua forza e questo gli dona anche un certo disincanto: è come se guardasse con una certa ironia tutto un mondo fatto di plastica, di non consistenza, di fumo. Ha compreso che la bellezza, la grandiosità, il valore della vita sta altrove e può guardare tutto il resto con uno sguardo più pulito, più pacificato, più sereno. Opera in fondo un processo di ribaltamento: butta giù i potenti dai troni e restituisce valore a ciò che è davvero prezioso”.
(fr. Emanuele di Bose)
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