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Discernere e giudicare

I verbi fondamentali per i discepoli di Gesù non sono credere, ubbidire, combattere, ma discernere e giudicare.

Mentre il soggetto di questi verbi è sempre costituito dal discepolo, a conferma che si tratta di verbi che caratterizzano il discepolato secondo Gesù, il loro oggetto invece cambia.

Nel brano del Vangelo di Luca l’invito rivolto ai discepoli di Gesù riguarda la capacità di discernere il tempo e la capacità di giudicare da sé ciò che è giusto. Discernere, giudicare: due verbi fondamentali per la vita del discepolo di Gesù, per la nostra vita. I verbi fondamentali per i discepoli di Gesù non sono credere, ubbidire, combattere, ma discernere e giudicare.

Mentre il soggetto di questi verbi è sempre costituito dal discepolo, a conferma che si tratta di verbi che caratterizzano il discepolato secondo Gesù, il loro oggetto invece cambia.


L’oggetto del discernimento (Lc 12,56) è il tempo, non tanto il tempo cronologico (chronos), ma il tempo qualitativo della salvezza (chiros). Una prima azione che caratterizza la vita del discepolo, anzi, che sta all’origine della vita del discepolo, consiste proprio in questo sguardo sul tempo, che sa andare al di là della cronaca per cogliervi una presenza operante, un senso che a prima vista pare non esserci, che invece costituisce la serietà, la bellezza, lo spessore dei giorni dell’uomo.

L’essere discepoli di Gesù si gioca nel tempo: è una visita di Dio (Lc 1,68; 7,16; 19,44) della quale bisogna accorgersi, e che bisogna saper accogliere nella propria vita. Il vangelo di oggi ci invita in primo luogo a saper discernere il tempo della nostra vita: arte tanto difficile, quanto decisiva. 


L’oggetto del giudizio (Lc 12,57) riguarda invece ciò che è giusto. Dopo aver operato il discernimento del tempo per scoprirvi un dono inatteso, inedito e immeritato, il credente è chiamato a “giudicare” ciò che è giusto, cioè ciò che è conforme alla Parola di Dio e alla sua volontà benevolente.

Dal discernimento del tempo nasce un’identità e una “giustizia” da vivere. Discernere le visite di Dio nella nostra esistenza cambia la vita e cambia il metro di giudizio e i criteri delle nostre scelte. Il credente non è un passivo esecutore di comandi, la sua fedeltà non consiste nell’eseguire ordini, ma nello scoprire da sé un significato della propria esistenza da tradurre nella vita: risposta alla chiamata con la quale siamo stati chiamati.


Ecco tratteggiata in due verbi l’esistenza cristiana. Sono due verbi impegnativi ai quali forse siamo stati poco abituati. Due verbi che responsabilizzano e rendono la vita cristiana una cosa seria.


(Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli)

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