La Corte Ue: No alla persecuzione delle navi Ong

Controlli e fermi amministrativi legittimi solo in casi eccezionali. Smentita la tesi italiana sulle certificazioni Sar. Ora la palla passa al Tar siciliano. Nessun commento dalla guardia costiera. Sea-Watch: «La sentenza è una chiara vittoria per il soccorso in mare. Le nostre navi sono state bloccate in porto per decisioni arbitrarie e pretestuose»


Inoltre, lo Stato di approdo, cioè l’Italia, non può pretendere la riclassificazione delle navi anche se queste svolgono una funzione diversa da quella prevista dalle certificazioni rilasciate dallo Stato di bandiera, che ha una funzione prevalente. Nei casi di irregolarità può indicare azioni correttive che devono essere «non solo idonee e necessarie» ma anche «proporzionate» a tutelare sicurezza, salute o ambiente. O in alternativa denunciare le carenze all’autorità di bandiera a cui spetta il giudizio finale. Si tratta di un punto importante perché in merito alle principali irregolarità contestate dall’Italia alle Ong gli Stati di bandiera – Germania per le Sea-Watch e Sea-Eye, Spagna per Open Arms e Aita Mari, Norvegia per Ocean Viking e Geo Barents – hanno dato ragione alle organizzazioni umanitarie.

Infine i fermi sono possibili nei casi eccezionali in cui sia riscontrato un evidente pericolo ma deve comunque valere il «principio di leale cooperazione tra gli Stati» per risolvere la situazione. Anche in ragione dell’assenza nel diritto comunitario e in quelli nazionali di certificazioni per le navi private che svolgono attività di ricerca e soccorso. Certificazioni richieste invece dall’Italia per giustificare i fermi


Ripercorre l'intera vicenda Alessandro Merli a questo link:

https://ilmanifesto.it/la-corte-ue-no-alla-persecuzione-delle-navi-ong


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