Anche le religioni sono nella morsa del mercato e della concorrenza. Una ampia panoramica mondiale

Chiedete a un prete, un rabbino o un imam qual è la sfida più grande per la sua congregazione e forse potrebbe sfuggirgli di bocca qualcosa sul bisogno di alimentare i valori spirituali in un mondo secolarizzato. Eppure le religioni di tutto il mondo devono affrontare un problema altrettanto grave ma di tipo diverso: come restare in attività, in un senso più materiale e competitivo. Nella religione come in altri ambiti il covid-19 ha contribuito a distinguere tra vincitori e sconfitti. Le chiese che rispondevano in modo efficace ai bisogni del loro gregge già prima della pandemia in molti casi hanno prosperato, poiché le persone sono più preoccupate dalla morte e durante il lockdown avevano più tempo libero per frequentare i servizi religiosi e pregare. Le chiese che già prima non se la cavavano bene hanno però avuto più difficoltà a tenere insieme le loro congregazioni.


La pandemia ha accelerato il passaggio alle celebrazioni online, offrendo a molte persone un tempo praticanti una buona scusa per non farsi vedere. Molte istituzioni religiose hanno chiuso le porte dalla sera alla mattina, trasferendo i servizi su Zoom. Adesso, con la riapertura degli edifici, non sanno quanti fedeli torneranno. Se, come sembra probabile, saranno in pochi, potrebbero intensificarsi due tendenze evidenti già da prima. Molte organizzazioni religiose si libereranno dei loro immobili sottoutilizzati. E un numero maggiore di chiese si fonderà insieme. La pandemia ha spinto le chiese di tutto il mondo a innovare.

Dal lato dell’offerta, la competizione tende a essere feroce dove i governi non impongono la religione che le persone dovrebbero seguire. Secondo John Gordon Melton della Baylor university, in Texas, negli Stati Unitici esistono circa 1.200 denominazioni cristiane oltre a un gran numero di altre fedi. Per corteggiare le loro congregazioni, devono sforzarsi di rendere attraente la frequentazione della chiesa. Secondo un sondaggio di Gallup, tre quarti degli statunitensi dichiarano che la musica è un fattore importante; l’85 per cento è attirato dalle attività sociali. Come afferma Roger Fink, docente alla Pennsylvania state university, la chiave del pluralismo non è la presenza di “più religioni” ma il fatto che queste rispondano ai gusti dei consumatori.

La chiesa di St. Mary a Berlino, una grande struttura gotica in mattoni rossi, è piena di affreschi e bassorilievi in pietra antichi di secoli. I banchi però sono vuoti. La congregazione si va assottigliando dalla seconda guerra mondiale. Secondo il suo pastore luterano, Gregor Hohberg, i giovani berlinesi hanno ancora “bisogni religiosi” ma li riempiono con lezioni di yoga e gruppi di meditazione. L’opinione pubblica, continua, non capisce che la chiesa accoglie le famiglie gay e che tra i pastori ci sono molte donne. Secondo padre Hohberg, la maggioranza dei tedeschi ritiene la chiesa ormai fuori moda. .........


L'intero articolo uscito sul settimanale britannico The Economist è stato pubblicato in Italia da Internazionale ed è possibile leggero per intero a questo link:

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