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Dalla Russia guai non solo per il gas, ma pure per i concimi e proprio nel periodo nel quale vengono utilizzati

Il regime di Vladimir Putin blocca la vendita all’estero del più strategico dei fertilizzanti nel quale domina i mercati mondiali.

L’annuncio è apparso un po’ a sorpresa sulla Tass, l’agenzia di stampa ufficiale di Mosca, il primo febbraio. Una frase scarna, anodina: «La Russia ha imposto un divieto di due mesi all’esportazione di nitrato di ammonio». 


Il blocco per legge si applicherà in una fase decisiva per il ciclo produttivo, perché sta arrivando il momento nel quale questi fertilizzanti derivati dal metano vanno utilizzati nei campi. E poiché essi rappresentano il 20-25% del costo di produzione del grano, l’impennata recente delle loro quotazioni (più 220% da metà novembre ad oggi, a causa dell’aumento dei prezzi del gas) avrà effetti a cascata.

I consumatori italiani rischiano di accorgersene alla prossima ondata di aumenti della pasta, dopo l’impannata del 10,8% già maturata per quest’anno. E lo stesso varrà per la farina o per il pane. 


L’annuncio è apparso un po’ a sorpresa sulla Tass, l’agenzia di stampa ufficiale di Mosca, il primo febbraio. Una frase scarna, anodina: «La Russia ha imposto un divieto di due mesi all’esportazione di nitrato di ammonio». Seguono poche parole del vicepremier Andrei Belusov: «È una misura temporanea — dice —. I volumi di prodotto restanti potranno essere esportati dal 2 di aprile, quando le imprese russe avranno ricevuto il nitrato di ammonio nei volumi richiesti». 

Eppure quella che sembra una (irrituale) mossa di natura commerciale, arriva in un momento che rimanda a un’intenzione politica: all’apice delle tensioni con l’Occidente, il regime di Vladimir Putin blocca la vendita all’estero del più strategico dei fertilizzanti nel quale domina i mercati mondiali. Ha tutta l’aria di un gioco d’anticipo su possibili sanzioni occidentali: mentre la Casa Bianca e i governi europei si chiedono ancora come imporre dei costi economici sulla Russia in caso di attacco all’Ucraina, il presidente russo è già passato all’azione. I consumatori italiani rischiano di accorgersene alla prossima ondata di aumenti della pasta, dopo l’impannata del 10,8% già maturata per quest’anno. E lo stesso varrà per la farina o per il pane. 

È su questi beni che si profila la strategia di destabilizzazione ad opera del presidente russo. L’analisi presentata ieri al convegno di Consorzi agrari d’Italia parla di «tsunami» sui prezzi dei derivati del grano, del quale le mosse del presidente russo sono solo uno dei fattori recenti. Non il solo, naturalmente: hanno pesato molto gli aumenti nel 2021 sui costi dell’energia, dei trasporti e del gasolio, oltre al crollo della produzione canadese a causa del clima estremo e a un aumento del 150% delle importazioni da parte della Cina. 

Ma questa decisione del Cremlino rappresenta un avvertimento all’Occidente. Il blocco per legge si applicherà in una fase decisiva per il ciclo produttivo, perché sta arrivando il momento nel quale questi fertilizzanti derivati dal metano vanno utilizzati nei campi. E poiché essi rappresentano il 20-25% del costo di produzione del grano, l’impennata recente delle loro quotazioni (più 220% da metà novembre ad oggi, a causa dell’aumento dei prezzi del gas) avrà effetti a cascata.


Niente esportazioni

Non solo il gas: anche i fertilizzanti sono stati bloccati mettendo in difficoltà i coltivatori.

Dietro la scelta della Russia di vietare l’export di nitrato di ammonio si nota una scelta dei tempi, volta a generare la massima insicurezza economica. Essa arriva due giorni dopo l’incendio, per cause ancora da spiegare, del grande impianto di fertilizzanti azotati della Winston Weaver a Winston-Salem in North Carolina. Dopo la chiusura di quello stabilimento, il divieto russo risulterà ancora più efficace nel far crescere l’inflazione in Europa. Nel frattempo il resto del mondo dovrà rivolgersi ancora più di prima alla Russia per le sue riserve di grano sui raccolti di quest’anno.

Anche l’Italia era un acquirente del fosfato di azoto russo, attraverso triangolazioni attraverso la Turchia e l’Egitto proprio per aggirare le sanzioni stesse che l’Unione Europea impone su Mosca. Gli effetti ora saranno complessi, anche perché negli ultimi mesi ha annunciato frenate della produzione l’impianto di Ferrara della multinazionale svedese Yara, proprio a causa dei prezzi sempre più alti del gas naturale.

Sono proprio questi aumenti ad aver rafforzato il potere di ricatto di Putin nel perseguire la sua sottile strategia di destabilizzazione economica dell’Europa, mentre ammassava truppe ai confini dell’Ucraina. In gennaio è arrivato il dimezzamento delle forniture di gas naturale all’Italia e altri Paesi europei (come documentato dal Corriere della Sera l’8 febbraio), questo mese il blocco sui fertilizzanti. Del resto sono gli stessi prezzi elevati sui listini globali a far sì che il leader russo possa accettare minori volumi di esportazioni senza subire eccessivi contraccolpi sui fatturati. Per il futuro poi, la Russia resta un importante produttore di alluminio, di palladio per le auto e l’elettronica di consumo e di titanio per i motori degli aerei civili. 

Quando questa crisi sarà superata, l’Italia e l’Europa dovranno decidere in quale misura continuare a fare affidamento su un partner che ha un’agenda coperta: destabilizzare i propri clienti, se li considera avversari da piegare alle proprie priorità geopolitiche. 

(Federico Fubini sul Cornerà del 17/2)

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