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VII Domenica PA - Lc 6,27-38

La "novità" non sta nella richiesta di amare i nemici che era già nella tradizione ebraica, ma nel fatto che le mie azioni non devono essere determinate da ciò che l’altro mi darà in cambio, ma da ciò che, precedentemente, Dio ha fatto per me. 

Sapendo anche che Dio certamente è “buono per gli ingrati e i malvagi”, ma non è cieco …


Questa domenica continua la lettura del “Discorso della pianura” di Gesù rivolto a coloro che, tra i suoi discepoli lo “ascoltano”, perché che hanno “orecchi” per comprendere, per prendere-con-sé la Parola che lui annuncia e, incarnandola, essere obbedienti. 

Se si fa attenzione, tutto avviene sul medesimo schema del racconto dell’attività del Battista, che la Liturgia ci ha presentato nella terza domenica di Avvento (Lc 3,10-18). A Giovanni, dopo che aveva proclamato Il suo messaggio citando Isaia (come ha fatto anche Gesù nella sinagoga di Nazareth), le folle, i pubblicani e i soldati gli chiesero: “Che cosa dobbiamo fare?”. Le risposte furono molto concrete e tese a costruire relazioni meno tortuose, più sincere, a sorreggere l’altro nel suo cammino a volte faticoso della vita: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; chi ha da mangiare faccia altrettanto. Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato. Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno” (Lc 3,10-14).


Nelle Beatitudini e nei Lamenti, Gesù di fatto invitava a non abbattersi, ad avere la capacità di rimettersi sempre e costantemente in cammino, in ricerca, a non fermarsi per le difficoltà o per una situazione di privilegio raggiunto, perché lui è stato inviato “per annunziare ai poveri un lieto messaggio per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi” e aveva concluso affermando che “Oggi si è adempiuta questa Scrittura” (Lc 4,18-21 – III Domenica TO). È necessario dunque saperla vedere e incarnare. Già, ma come?


Ecco allora che Gesù prosegue suggerendo alcune indicazioni pratiche ma tanto impegnative da apparire, a prima vista, di difficile applicazione, iniziando da quel “amate i vostri nemici” normalmente indicato come una novità assoluta detta da Gesù. Ma la novità non sta affatto in questo detto. Tanto è vero che la sapienza ebraica aveva già trovato questa indicazione nell’Esodo quando viene espresso l’invito a non abbandonare a sé stesso il nemico in difficoltà ma, in ogni caso, di affiancarlo e di aiutarlo (Es 23, 4-5). In fin dei conti Gesù non “inventa” nulla (nemmeno il Padre Nostro), ma interpreta e riporta all’originale splendore le indicazioni della Scrittura, amplificandole e liberandole dalle incrostazioni che la tradizione vi aveva accumulato sopra.

Gesù aveva invitato i discepoli a non abbattersi quando saranno “odiati, rigettati, insultati, disprezzati” e, qui, prosegue indicando quale è la risposta che sono tenuti a offrire: “amore, fare del bene, benedire e pregare” per loro. Poi, in questa stessa direzione e passando alla seconda persona singolare (“tu”), aggiunge alcuni atteggiamenti, per concludere (tornando al “voi”), con la cosiddetta regola d’oro: “Come volete che gli uomini agiscono con voi, così agite con loro”. 

Non è indifferente questo continuo passaggio dal “voi” al “tu”: gli atteggiamenti generali sono declinati con la seconda persona plurale (“voi”) mentre, quelli particolari con il “tu” volendo indicare così che, questi ultimi, sono solo illustrativi e che possono, o devono, essere completati da altri possibili a seconda delle situazioni nelle quali ci si trova. 

Gesù intende in questo modo coprire la totalità dell’esistenza umana, l’agire e il parlare, quasi riassumendo e sintetizzando i 613 precetti che la tradizione fa derivare dal Decalogo, come aiuto a vivere ogni istante della propria vita secondo lo spirito di Dio, cioè la sua volontà d’amore.

Gli altri detti di Gesù sono quasi dei paradossi; uno per tutti: “A chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica”; quest’ultima veniva portata direttamente sulla pelle, il darla significherebbe ritrovarsi completamente nudi. Sono quindi esempi fatti per mettere in evidenza, per contrasto, che la “regola d’oro”, condivisa da e in tutte le religioni, è il minimo che viene richiesto al seguace di Gesù.

Tanto è vero che nei versetti seguenti (32-34) viene affermato che tutti possono metterla in pratica, anche i peccatori perché basata sul principio del do ut des, quindi sono azioni prive di quella gratuità che i cristiani sono chiamati ad interpretare, concretizzando il modo di agire di Dio nei nostri confronti. Come è possibile superare questo che potrebbe essere un vero e proprio impasse?

La soluzione (qui, se si vuole, la novità!) sta nel fatto che il discepolo di Gesù non è mai solo di fronte all’altro; per lui le relazioni umane non sono bipolari: io e l’altro; ma tripolari: io e l’altro ma sotto lo sguardo misericordioso di Dio. L’ottica allora cambia radicalmente: le mie azioni non devono essere determinate da ciò che l’altro mi darà in cambio, ma da ciò che, precedentemente, Dio ha fatto per me; il mio agire verso l’altro è sostenuto e guidato dalla mia gratitudine nei confronti dell’amore che Dio ha riversato su di me. Tanto è vero che segue l’invito non tanto di imitare il Padre misericordioso, quanto di essere misericordiosi perché e come lo è il Padre. Questo è il senso che Luca desidera dare alla particolare congiunzione greca che usa per quel “come”. Noi possiamo essere misericordiosi perché abbiamo imparato da Dio ciò che questo significa, avendo visto e sperimentato sulla nostra stessa pelle il suo essere “benevolo verso gli ingrati e i malvagi”.

Se si agisce in questo modo, il Signore interverrà nuovamente per dare un sovrappiù di amore gratuito a quello del quale abbiamo già fatto esperienza: “La vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo” e, ancora più chiaramente nel v. 38: “Date, poiché vi è già stato dato da Dio, allora verrà anche il sovrappiù, non solo quanto vi spetta, ma una misura buona, pigiata, scossa e debordante”.

La chiusa della pericope di oggi “Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio pare tornare alla legge del do ut des. Invece Luca desidera sottolineare che il sovrappiù della grazia di Dio, andrà nella stessa direzione della risposta dell’uomo alla sua azione di misericordia. È dunque necessario prendere sul serio la maniera che abbiamo di rispondere all’amore e alla misericordia del Signore. Dio certamente è “buono per gli ingrati e i malvagi”, ma non è cieco …

(BiGio)

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