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La vocazione come crisi: vale per Pietro, vale per ogni cristiano

 


L’odierna pagina evangelica ci presenta l’incontro di Gesù con alcuni uomini che diverranno suoi discepoli: tra questi Pietro e i due fratelli Giacomo e Giovanni. Non è un racconto di vocazione (sebbene il titolo editoriale di questo episodio nella Bibbia di Gerusalemme parli di “Chiamata dei primi quattro discepoli”). Qui Gesù non dice a nessuno: “Vieni e seguimi”. Siamo invece di fronte a un incontro. Spesso anche per noi la “vocazione” passa attraverso incontri. E l’incontro tra Gesù e Pietro porta quest’ultimo a scoprire dimensioni profonde di sé e a cogliersi davanti al Signore: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). L’incontro con il Signore è al tempo stesso conoscenza di Lui e di sé stessi.

La profondità di questo incontro risalta anche dal fatto che Simone ha già conosciuto Gesù. Nel capitolo precedente, Luca ha mostrato Gesù che parla con autorevolezza nella sinagoga di Nazaret (4,16-30), che insegna, scaccia demoni e compie guarigioni mostrando così la sua potenza di profeta e di inviato escatologico di Dio (4,31-44). Tra le guarigioni che compie vi è anche quella della suocera di Simone, nella cui casa Gesù è entrato (4,38-39). Dunque Simone ha già una conoscenza di Gesù, della potenza della sua parola e della sua azione taumaturgica, e ha confidenza con lui tanto da farlo entrare in casa sua. Eppure non l’ha ancora conosciuto a sufficienza e, soprattutto, non ha ancora conosciuto sé stesso alla luce del Signore. Sì, la conoscenza del Signore è un cammino, è in divenire: è il percorso di una vita. È così anche per noi: si è alla sequela di Gesù, magari da tempo, eppure può avvenire che non si conosca ancora a fondo chi è il Signore e che non si sia andati abbastanza in profondità nella conoscenza di sé davanti a Lui.

Occorre che l’incontro si approfondisca, e questo, per noi come per Pietro, avviene spesso grazie a una crisi. Il nostro testo ci pone di fronte a un incontro personale e a una crisi: se dobbiamo parlare di vocazione, allora si tratta di vocazione come incontro e come crisi. Pietro, che conosceva Gesù nella sua forza, ora arriva a conoscere sé stesso nella propria debolezza. E dice: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (5,8). La conoscenza di Gesù quale Signore diviene conoscenza reale di sé quale peccatore, diviene crisi delle immagini idealizzate di sé. Questa esperienza sarà importante anche nel prosieguo del cammino di Pietro e ci mostrerà che quel duc in altum (“prendi il largo”: 4,4) è innanzitutto un andare in profondità nella conoscenza di sé e del Signore.

Quando, più avanti nel cammino, Pietro conoscerà la crisi della sua sequela, questa crisi sarà il possibile re-inizio. Come infatti l’inizio della sequela di Pietro è segnato dall’obbedienza alla parola (“sulla tua parola getterò le reti”) del Signore (“Signore”), dal riconoscimento della sua distanza dal Signore (“allontanati da me”) e dalla confessione del suo peccato (“io sono un peccatore”), la crisi della sua vocazione e il re-inizio dopo il triplice rinnegamento (Lc 22,54-60) saranno contrassegnati dagli stessi elementi: il ricordo della parola(“Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto”: Lc 22,61) del Signore (“Il Signore, voltatosi, guardò Pietro”: Lc 22,61), la manifestazione della distanza dal Signore (“uscito”: Lc 22,62) e del suo peccato (“pianse amaramente”: Lc 22,62). La crisi della storia che Pietro ha iniziato un tempo, è appello a ricominciarla. Sempre fondandosi sulla parola del Signore, sulla sua promessa, e sulla sua coscienza di essere peccatore. Vale per Pietro, vale per ogni cristiano.

(dalla riflessione di Luciano Manicardi

 

 

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